Welfare Aziendale 13/02/2023

Roma, Lì 13 febbraio 2023

Oggetto: Newsletter Studio e-IUS Tax & Legal – ENBIC “Le ultime novità fiscali”

Spett.le Società/Associazione,

con la presente siamo lieti di sottoporre alla Vostra attenzione le ultime novità in materia fiscale.

 

NOVITÀ IN MATERIA DI WELFARE E LAVORO DIPENDENTE

  1. Ministero del Lavoro, interpello n. 1 del 2023

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha pubblicato l’interpello n. 1 del 1° febbraio 2023 fornisce chiarimenti riguardo alla nomina del medico competente in relazione ai lavoratori in smart working. In particolare, premessa la definizione di medico competente, nonché il campo applicativo del T.U. in materia di salute e sicurezza sul lavoro, nonché gli obblighi del datore di lavoro in materia,

La Commissione per gli interpelli in materia di salute e sicurezza sul lavoro ritiene che, ai sensi dell’art. 39 del D.lgs. n. 81/2008, il datore di lavoro possa nominare più medici competenti, individuando tra essi un medico con funzioni di coordinamento, per particolari esigenze organizzative:

– nei casi di aziende con più unità produttive; – nei casi di gruppi di imprese; – nonché qualora emerga la necessità in relazione alla valutazione dei

rischi. Resta fermo che ogni medico competente viene ad assumere tutti gli

obblighi e le responsabilità in materia ai sensi della normativa vigente.

  1. Ministero del Lavoro: Nota relativa al mercato del lavoro – dati e

analisi – gennaio 2023

È stata pubblicata, in data 27 gennaio 2023, la Nota ministeriale relativa al mercato del lavoro.

La nota è stata redatta congiuntamente dal Ministero del Lavoro e delle politiche sociali (MLPS), dalla Banca d’Italia e dall’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro (ANPAL), utilizzando due fonti informative: le Comunicazioni obbligatorie e le Dichiarazioni di immediata disponibilità al lavoro (DID). Per quanto concerne l’evoluzione dei rapporti di lavoro dipendente, nel 2022 sono state create circa 380.000 posizioni lavorative (al netto delle cessazioni), un valore superiore a quello registrato nel 2019, prima dell’emergenza sanitaria. L’incremento della domanda di lavoro è rimasto sostenuto fino all’inizio dell’estate, riportando l’occupazione sul sentiero di crescita pre-pandemico. Nei mesi successivi la dinamica, seppure positiva, si è indebolita: nel bimestre novembre-dicembre le attivazioni nette si sono mantenute su livelli simili a quelli del 2019 (37.000 posti di lavoro in più a fronte dei circa 33.000 di tre anni prima, al netto degli effetti stagionali). Nella prima parte del 2022 la domanda di lavoro è stata trainata soprattutto dal turismo che ha ripreso vigore fin dall’inizio della primavera. I dati di dicembre suggeriscono che anche la stagione invernale si sia ben avviata. Dall’estate del 2020 e fino ai primi mesi del 2022 le costruzioni hanno fatto registrare ritmi di crescita eccezionalmente elevati; dal secondo trimestre dello scorso anno invece l’espansione si è indebolita, fornendo un contributo modesto. Nel 2022 le attivazioni nette nella manifattura sono state superiori a quelle del 2021; la creazione dei posti di lavoro è proseguita a tassi sostanzialmente costanti anche negli ultimi due mesi dell’anno, nonostante il rallentamento nei comparti a maggiore intensità energetica.

Nel 2022 all’incremento occupazionale ha contribuito quasi esclusivamente la componente a tempo indeterminato, che nell’anno precedente aveva invece rappresentato solo il 40 per cento delle attivazioni nette. Sono stati creati oltre 410.000 posti di lavoro stabili, a fronte di una sostanziale stazionarietà degli impieghi a termine e di un calo di oltre 50.000 unità dei contratti di apprendistato. Nella prima fase dopo la pandemia, in un contesto di elevata incertezza, il recupero dell’occupazione era stato sospinto soprattutto dalle posizioni a tempo determinato; dalla seconda metà del 2021, quando la ripresa si è consolidata, le imprese sono tornate ad assumere con contratti permanenti e a trasformare le posizioni temporanee attivate nei mesi precedenti. La ricomposizione della forza di lavoro si è però stabilizzata alla fine del 2022, anche in conseguenza del rallentamento complessivo del mercato del lavoro; in dicembre il numero dei contratti a termine ha ripreso a salire.

Nel 2022 l’occupazione è aumentata sia per gli uomini sia per le donne; tuttavia, in dicembre per la componente femminile le attivazioni nette sono state nulle. Nella seconda parte dello scorso anno la creazione di posti di lavoro ha rallentato nel Centro Nord e si è fermata nel Mezzogiorno, dove il saldo è risultato negativo per circa 12.000 unità, al netto di fattori stagionali. In particolare, nelle regioni meridionali la fase espansiva si è interrotta una volta esaurita la spinta del comparto edile che aveva contribuito alla crescita occupazionale del 2022 per circa il 30 per cento. Nello scorso anno la domanda di lavoro del Sud e delle Isole ha pesato nella creazione di nuove posizioni lavorative in Italia per circa un quinto, valore inferiore a quello del 2021 (quasi un terzo).

Nell’ultimo biennio è stato creato quasi un milione di nuovi posti di lavoro alle dipendenze nel settore privato non agricolo (al netto delle cessazioni). La ripresa ha riassorbito completamente la caduta causata dall’emergenza sanitaria: lo scorso marzo il numero di contratti attivati è tornato sul sentiero di crescita che si sarebbe registrato se tra il 2020 e il 2022 l’evoluzione della domanda di lavoro si fosse mantenuta sugli stessi ritmi del periodo 2018-19. Le dinamiche sono state tuttavia eterogenee tra i diversi comparti, delineando fenomeni di ricomposizione riconducibili sia agli effetti della pandemia, sia alle misure di politica economica adottate negli ultimi anni o tuttora vigenti. Il turismo, che aveva trainato l’espansione dell’occupazione nel 2019, è stato il settore che ha maggiormente risentito della crisi sanitaria. Malgrado il buon andamento della stagione estiva del 2022 i margini di recupero rimangono ampi. Al contrario le costruzioni, favorite anche dagli interventi governativi per la riqualificazione degli edifici, hanno registrato tassi di crescita estremamente elevati: negli ultimi tre anni sono stati creati quasi 280.000 posti di lavoro (oltre un quarto del totale), a fronte dei 70.000 del biennio precedente. Nonostante il più recente rallentamento, la domanda di lavoro in questo settore dovrebbe rimanere sostenuta anche in relazione ai piani di investimento previsti dal PNRR.

Durante la pandemia il ricorso a forme di lavoro da remoto e la fruizione di servizi digitali sono aumentati. Nei settori della tecnologia dell’informazione e della comunicazione (ICT) la domanda di lavoro ha accompagnato questa tendenza, intensificandosi già nel corso del 2020. Nell’ultimo anno sono state attivate quasi 30.000 nuove posizioni, un terzo in più rispetto al 2019. Ciò nonostante, il comparto appare ancora di dimensione modesta: ha contribuito per meno di un decimo alla crescita complessiva della domanda di lavoro nel 2022.

Il rallentamento del mercato del lavoro nella seconda metà dello scorso

anno si è riflesso anche sulla dinamica della disoccupazione amministrativa. Alla flessione del numero di disoccupati nel primo semestre è seguita una risalita a partire dalla fine dell’estate, accentuatasi in autunno, quando molti contratti a tempo determinato sono giunti a scadenza. Nei primi undici mesi dell’anno il numero di disoccupati è comunque diminuito di circa 120.000 unità, una riduzione significativa anche se meno pronunciata rispetto a quella del 2021. Il rapporto fra reingressi nello stato di disoccupato dopo un impiego non superiore a sei mesi e le uscite verso l’occupazione nel semestre precedente è aumentato in autunno, segnalando un marcato accorciamento della durata media dei contratti di lavoro, già in atto dall’estate.

  1. Ispettorato del Lavoro, Nota n. 162 del 24 gennaio 2023

Con Nota n. 162 del 24 gennaio 2023 l’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) ha fornito chiarimenti in merito alla possibilità di procedere alla sospensione nei confronti di un’impresa che occupi un solo dipendente in nero, con conseguente violazione prevenzionistica relativa alla mancanza del documento di valutazione dei Rischi (DVR) e della nomina del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP).

Sebbene il T.U. per la sicurezza sul lavoro (D.lgs. n. 81/2008) escluda il provvedimento di sospensione nelle ipotesi di lavoro irregolare se il lavoratore “in nero” risulti l’unico occupato dall’impresa, l’Ispettorato osserva che tale eccezione è riferita alle sole ipotesi di occupazione di lavoratori irregolari.

Pertanto, tale esclusione non trova applicazione qualora vengano contestualmente rilevate anche gravi violazioni in materia di prevenzione indicate nell’allegato 1 al D.lgs. n. 81/2008, tra le quali sono comprese la mancanza del Documento di valutazione dei rischi (DVR) e/o la mancata nomina del RSPP, da sole sufficienti a giustificare l’adozione del provvedimento cautelare.

In ogni caso, aggiunge l’Ispettorato, qualora non sia adottato il provvedimento di sospensione per via della citata eccezione, il personale ispettivo dovrà comunque imporre ulteriori e specifiche misure atte a far cessare il pericolo per la sicurezza e per la salute dei lavoratori durante il lavoro, disponendo l’allontanamento del lavoratore sino alla completa regolarizzazione anche sotto il profilo prevenzionistico.

  1. Circolare INPS n. 7 del 24 gennaio 2023: indicazioni operative ai datori

di lavoro per la gestione dell’esonero contributivo dei dipendenti

Con la circolare n. 7 del 2023, l’INPS ha fornito le indicazioni operative per l’applicazione dell’esonero contributivo spettante ai lavoratori dipendenti, secondo quanto previsto dall’art. 1, comma 281, della legge di bilancio 2023. In particolare, l’esonero è riconosciuto nella misura:

– del 3%, se l’imponibile ai fini previdenziali non supera i 1.923 euro; – del 2%, se l’imponibile ai fini previdenziali non supera i 2.692 euro.

La verifica del rispetto della soglia reddituale deve essere effettuata nel singolo mese di paga. Ne consegue che la riduzione della quota dei contributi previdenziali dovuta dal lavoratore:

– potrà assumere misura diversa in ragione della retribuzione effettivamente percepita;

– potrà non applicarsi, in caso di superamento del massimale di 2.692 euro.

Non è possibile operare compensazioni di importi retributivi tra un mese ed il successivo.

L’esonero contributivo è cumulabile, per i periodi di paga dal 1° gennaio al 31 dicembre 2023, con l’esonero previsto dalla legge di bilancio 2022 per le lavoratrici madri dipendenti del settore privato.

Qualora i contratti collettivi di lavoro prevedano l’erogazione della quattordicesima mensilità, nel mese di erogazione la riduzione contributiva spetta solo nell’ipotesi in cui l’ammontare della mensilità aggiuntiva (o dei suoi ratei), sommati alla retribuzione imponibile, non ecceda il massimale di retribuzione mensile previsto per la legittima applicazione delle due riduzioni.

Altre precisazioni riguardano il cumulo e le variazioni dei rapporti di lavoro. In sintesi:

  1. in caso di variazione del rapporto di lavoro comportanti la presentazione di più denunce individuali per il medesimo lavoratore (ad esempio, variazione da part-time a full-time, trasformazione da tempo determinato a tempo indeterminato), il massimale contributivo mensile deve riferirsi all’intero rapporto di lavoro: dunque, il massimale del singolo mese dii competenza deve essere verificato sulla complessiva retribuzione imponibile;
  2. nel caso di operazioni societarie e di cessione di contratto che comportano il passaggio dei lavoratori, nel corso del mese e senza soluzione di continuità, da un soggetto ad un altro, il rapporto di lavoro prosegue con il cessionario, verificandosi la sola modificazione soggettiva del rapporto già in atto. La verifica del massimale deve tenere conto della complessiva retribuzione imponibile;
  3. qualora il lavoratore, nel corso del mese, svolga la propria prestazione presso più datori di lavoro, il calcolo del massimale deve essere effettuato distintamente per ciascun rapporto di lavoro.

Nell’ipotesi in cui il lavoratore abbia cessato il proprio rapporto di lavoro entro il 31 dicembre 2022, e nel corso dell’anno 2023 siano state erogate le ultime competenze (ad esempio residui di ferie e permessi, ratei di mensilità aggiuntive), su queste ultime non potrà trovare applicazione l’esonero contributivo in parola.

Infine, è possibile che nel singolo mese la riduzione applicata sulla retribuzione mensile abbia una entità diversa rispetto alla riduzione applicata sul rateo di tredicesima: infatti, la verifica del rispetto delle soglie retributive deve essere effettuata in maniera distinta sulla retribuzione mensile e i relativi ratei di tredicesima.

  1. Circolare INPS n. 11 del 1° febbraio 2023: determinazione, per l’anno 2023, del limite minimo di retribuzione giornaliera e aggiornamento dei valori per il calcolo delle contribuzioni dovute in materia di previdenza e assistenza sociale per la generalità dei lavoratori dipendenti

Con la Circolare n. 11 del 2023 l’INPS ha provveduto ad aggiornare i minimali e massimali di contribuzione per tutte le categorie di lavoratori subordinati. Nel dettaglio, il minimale giornaliero retributivo aumenta per l’anno 2023, attestandosi nella misura di euro 53,95 euro. Quanto al datore di lavoro, la retribuzione da assumere come base per il calcolo dei contributi previdenziali ed assistenziali non può essere inferiore all’importo delle retribuzioni stabilito da leggi, regolamenti, contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative su base nazionale o accordi collettivi o contratti individuali, qualora ne derivi una retribuzione di importo superiore a quello previsto dal contratto collettivo (art. 1, comma 1, D.L. 338/1989, convertito in L. n. 389/1989).

Anche i datori di lavoro non aderenti alla disciplina prevista dalla contrattazione collettiva sono obbligati al rispetto dei trattamenti retributivi ivi previsti.

Per determinare l’imponibile contributivo, il datore di lavoro deve raffrontare la retribuzione effettiva con quella individuata dai minimali di legge e contrattuali:

– se superiore ai minimali di legge, la contribuzione deve essere

calcolata sulla retribuzione effettiva; – se inferiore ai minimali, ai fini del versamento dei contributi,

l’imponibile contributivo deve essere parametrato a questi ultimi. Per i lavoratori a tempo parziale, il minimale è orario e si ottiene:

– rapportando il minimale giornaliero alle giornate di lavoro settimanale ad orario normale;

– dividendo l’imposto ottenuto con il numero delle ore settimanali previste contrattualmente per il lavoro a tempo pieno.

È prevista, a carico del lavoratore, un’aliquota aggiuntiva dell’1% sulle quote eccedenti il limite della prima fascia di retribuzione pensionabile. Il contributo aggiuntivo è dovuto nei casi in cui il regime pensionistico di iscrizione preveda aliquote contributive a carico del lavoratore inferiori al 10%.

Posto che la prima fascia di retribuzione pensionabile è determinata, per l’anno 2023, in euro 52.190,00, l’aliquota aggiuntiva in parola deve essere applicata sulla quota di retribuzione eccedente tale tetto retributivo che, rapportato ai 12 mesi, è pari ad euro 4.349,00 euro.

Quanto al massimale contributivo annuo per i dipendenti del settore privato, questo è pari, per l’anno 2023, ad euro 113.520,00.

I datori di lavoro che non abbiano potuto tenere conto dei valori contributivi aggiornati possono regolarizzare la loro posizione, senza oneri aggiuntivi, entro il 16 maggio 2023.

  1. Circolare INPS n. 14 del 3 febbraio 2023: aggiornamento delle misure dei trattamenti di integrazione salariale, dell’assegno ordinario e dell’assegno emergenziale per il Fondo di solidarietà del credito, dell’assegno emergenziale per il Fondo dii solidarietà del credito cooperativo, dell’indennità di disoccupazione NASpI, dell’indennità di disoccupazione DIS-COLL, dell’indennità di disoccupazione agricola nonché la misura dell’importo mensile dell’assegno per le attività socialmente utili

Con la Circolare n. 14 del 2023, l’INPS aggiorna le misure dei trattamenti di integrazione salariale, dell’assegno ordinario e dell’assegno emergenziale per il Fondo di solidarietà del credito, dell’assegno emergenziale per il Fondo dii solidarietà del credito cooperativo, dell’indennità di disoccupazione NASpI, dell’indennità di disoccupazione DIS-COLL, dell’indennità di disoccupazione agricola nonché la misura dell’importo mensile dell’assegno per le attività socialmente utili in vigore per l’anno 2023. In sintesi:

  1. gli importi massimi mensili dei trattamenti di integrazione

salariale sono pari a 1.352,19 lordi (1.244,36 netti) o, per i trattamenti di integrazione salariale concessi in favore delle imprese del settore edile e lapideo per intemperie stagionali, 1.585,84 lordi (1.470,99 netti);

  1. l’importo di riferimento per il calcolo delle indennità di disoccupazione NASpI è pari ad euro 1.352,19 per il 2023. L’importo massimo mensile dell’indennità non può in ogni caso superare, per il 2022, euro 1.470,99;
  2. la retribuzione di riferimento per il calcolo della indennità di disoccupazione DIS-COLL è pari ad euro 1.352,19, per il 2023; l’importo massimo mensile è pari a euro 1.470,99;
  3. l’indennità di disoccupazione ordinaria agricola con requisiti normali, da liquidare nell’anno 2023 con riferimento ai periodi di attività svolti nel corso dell’anno 2022, è pari ad euro 1.222,51 (massimale più alto) e ad euro 998,18 (massimale più basso);
  4. per il calcolo dell’indennità di disoccupazione a favore dei lavoratori autonomi dello spettacolo (ALAS), la retribuzione di riferimento è pari a 1.352,19 euro.
  5. il reddito da prendere a riferimento per il riconoscimento della prestazione Indennità straordinaria di continuità reddituale e operativa (ISCRO) nell’anno 2023 è pari a 8.972,04 euro. L’importo mensile dell’ISCRO per l’anno 2022 non può essere inferiore a 275,38 euro e non può superare l’importo di 881,23 euro;
  6. l’importo mensile dell’assegno spettante ai lavoratori che svolgono attività socialmente utili è pari, dal 1° gennaio 2023, ad euro 656,44.
  7. INPS, messaggio n. 467 del 1° febbraio 2023: pensione anticipata, cd. opzione donna – presentazione delle domande telematiche

Con il messaggio n. 467 del 2023, l’INPS comunica che il sistema di gestione delle domande di pensione è stato implementato per consentire la presentazione dell’istanza di pensione anticipata cd. opzione donna. La procedura di richiesta è attiva sul portale istituzionale dell’INPS per tutte le lavoratrici in possesso dei requisiti aggiornati dalla legge di bilancio 2023.

Nel dettaglio, le domande possono essere presentate: a. sul sito internet www.inps.it, accedendo tramite SPID, CNS o CIE,

seguendo il percorso “Prestazioni e servizi” > “Servizi” > “Pensione anticipata – Opzione donna” – “Domanda”; b. utilizzando i servizi telematici offerti dagli istituti di Patronato

riconosciuti dalla legge; c. chiamando il Contact Center Integrato al numero verde 803164 o il

numero 06164164. La pensione è individuata dal nuovo prodotto “Pensione anticipata opzione

donna legge di bilancio 2023”, e dovrà essere indicata la tipologia di riferimento tra:

– lavoratrici disoccupate; – lavoratrici che assistono persone con handicap in situazione di

gravità; – lavoratrici con riconoscimento di invalidità civile almeno pari al 74%.

  1. Agenzia delle entrate, Risposte ad interpello nn. 167 e 168 del 26 gennaio 2023

In data 26 gennaio 2023 l’Agenzia delle entrate ha pubblicato le risposte ad interpello nn. 167 e 168, aventi ad oggetto la perdita del requisito di PMI innovativa e il piano di stock option.

In base a quanto precisato dall’Agenzia, i redditi di lavoro dipendente derivanti dalle attribuzioni di azioni, trattandosi di compensi in natura, devono essere valorizzati secondo quanto previsto dall’art. 51, comma 3, del TUIR, che rimanda al “valore normale” di cui all’art. 9 TUIR.

Per individuare il momento rilevante ai fini impositivi in presenza di un diritto di opzione che non sia liberamente cedibile a terzi (cd. stock option), rileva il momento di esercizio di tale diritto, indipendentemente dalla data di emissione o di consegna dei titoli stessi o delle annotazioni contabili successive.

In particolare, nella risoluzione 12 dicembre 2007, n. 366/E, al fine di determinare il momento nel quale far assumere rilevanza fiscale all’esercizio del diritto d’opzione posto in essere dal lavoratore dipendente e stabilire quale sia il momento in cui le azioni possono considerarsi entrate nella disponibilità del dipendente, si precisa che momento rilevante è quello in cui il dipendente acquisisce il diritto partecipativo (e non in quello in cui riceve materialmente il titolo azionario).

In tale documento di prassi, con riferimento al significato del termine “assegnazione di azioni”, si ribadisce che il trasferimento della proprietà dei titoli azionari e dei diritti in essi incorporati si perfeziona con il semplice consenso del soggetto titolare del diritto di opzione, riconducibile alla dichiarazione di esercizio del diritto di opzione medesimo.

In tale contesto, si rileva che il regime di tassazione dei redditi da lavoro dipendente e assimilato derivanti dall’esercizio di stock option o dall’assegnazione di azioni è derogato dalle disposizioni agevolative contenute nell’art. 27, D.L. n. 179/2012 (“Remunerazione con strumenti finanziari della startup innovativa e dell’incubatore certificato”), attraverso il quale si dispone che il reddito di lavoro derivante dall’assegnazione, da parte delle start­up innovative di cui all’art. 25, comma 2, e degli incubatori certificati di cui all’art. 25, comma 5, ai propri amministratori, dipendenti o collaboratori continuativi di strumenti finanziari o di ogni altro diritto o incentivo che preveda l’attribuzione di strumenti finanziari o diritti similari, nonché dall’esercizio di diritti di opzione attribuiti per l’acquisto di tali strumenti finanziari, non concorre alla formazione del reddito imponibile dei suddetti soggetti, sia ai fini fiscali, sia ai fini contributivi, a condizione che tali strumenti finanziari o diritti non siano riacquistati dalla start­up innovativa o dall’incubatore certificato, dalla società emittente o da qualsiasi soggetto che direttamente controlla o è controllato dalla start­up innovativa o dall’incubatore certificato, ovvero è controllato dallo stesso soggetto che controlla la start­up innovativa o l’incubatore certificato.

Qualora gli strumenti finanziari o i diritti siano ceduti in contrasto con tale disposizione, il reddito di lavoro che non ha previamente concorso alla formazione del reddito imponibile dei suddetti soggetti è assoggettato a tassazione nel periodo d’imposta in cui avviene la cessione.

Va altresì rilevato che il comma 9 dell’art. 4, D.L. n. 3/2015, contenente disposizioni in materia delle piccole e medie imprese innovative, rinvia espressamente all’art. 27, D.L. n. 179/2012; pertanto, tale regime di esenzione trova applicazione anche con riferimento ai redditi di lavoro derivanti dall’esercizio di stock option e dall’assegnazione di azioni relativi a piani di incentivazione implementati da PMI innovative.

Si chiarisce poi che la cessazione della possibilità di assegnare strumenti finanziari e diritti di opzione con il regime fiscale incentivato (per decorso dei termini o perdita dei requisiti per le start­up innovative, per perdita dei requisiti per gli incubatori certificati), non comporta, di per sé, il venir meno della possibilità di applicare il regime fiscale di favore a quelli già assegnati.

In altri termini, gli strumenti finanziari e i diritti di opzione già assegnati alla data di cessazione dell’applicazione delle disposizioni sulle start­up innovative continueranno a beneficiare del regime fiscale di favore, anche nell’ipotesi in cui siano assegnati diritti di opzione il cui periodo di “vesting” per l’esercizio del diritto sia successivo a detta data.

Sia pur con esplicito riferimento alle attività svolte alle start­up e agli incubatori, si afferma in sostanza che l’assegnazione è il momento in cui deve essere valutata la sussistenza dei requisiti per essere considerate start­up innovative ai fini dell’applicazione della relativa esenzione.

Deve essere rilevato, a tale proposito, che l’estensione del regime di

esenzione fiscale e contributiva del reddito di lavoro dipendente derivante dall’assegnazione di strumenti finanziari (o di ogni altro diritto o incentivo che preveda l’attribuzione di strumenti finanziari) alle PMI innovative è stato introdotto dal D.L. n. 3/2015, mutuando dal D.L. n. 179/2012 la medesima ratio di favorire la nascita e lo sviluppo di attività a forte contenuto di innovazione tecnologica.

Con riferimento all’applicazione del regime di esenzione fiscale e contributiva del reddito di lavoro dipendente derivante dall’assegnazione di strumenti finanziari, nonché dall’esercizio di diritti di opzione attribuiti per l’acquisto di strumenti finanziari emessi dalle start up innovative e/o dagli incubatori certificate, si precisa che tale provvedimento legislativo trae origine innanzitutto dalla volontà del legislatore di favorire “la nascita e lo sviluppo di imprese start­up innovative”, fornendo alle “start up innovative e agli incubatori certificati il necessario strumento per favorire la fidelizzazione e l’incentivazione del management”.

Nel medesimo principio di diritto, inoltre, si afferma che la stessa filosofia ispira l’estensione disposta dal D.L. n. 3 del 2015 alle PMI innovative (di alcune) delle misure agevolative già riconosciute alle start up innovative, alle quali sono applicabili, in linea di principio, gli stessi principi.

I chiarimenti forniti con riferimento ai piani di incentivazione implementati da start­up innovative possano trovare applicazione anche con riferimento a quelli implementati da PMI innovative e ai fini dell’applicabilità dell’esenzione rileva la circostanza che le opzioni e i diritti siano attribuiti ai beneficiari dalla Società al momento in cui quest’ultima si qualifica quale PMI innovativa, a prescindere dal fatto che tale qualifica sussista o meno al momento dell’esercizio dell’opzione o dell’accettazione delle azioni da parte dei beneficiari.

  1. Agenzia delle Entrate, Risposta ad interpello n. 170 del 2023

Con la Risoluzione n. 170 del 2023, l’Amministrazione finanziaria ha fornito indicazioni in tema di assoggettamento ad imposta del reddito di lavoro dipendente in ipotesi di cambio di residenza in corso d’anno. Nello specifico, il lavoratore istante dichiarava di essere residente in Germania, di aver effettuato l’iscrizione all’AIRE ad agosto, di essere stato assunto alle dipendenze di una società tedesca a settembre dello stesso anno e di non aver percepito in tale annualità alcun reddito in Italia.

Ciò posto, l’Istante chiedeva all’Agenzia chiarimenti in merito alla presentazione della dichiarazione dei redditi in Italia, relativamente all’anno di riferimento.

Nel caso in esame, il Trattato Italia – Germania per evitare le doppie

imposizioni richiama, con riguardo alla definizione del concetto di residenza, la nozione contenuta nelle normative interne dei due Stati contraenti (art. 4, § 1). Nell’ipotesi in cui, applicando le suddette normative interne, il soggetto risulti residente di entrambi gli Stati contraenti, il successivo § 2 dell’art. 4 del Trattato internazionale stabilisce, conformemente al Modello OCSE di Convenzione, le cosiddette tie breaker rules per dirimere tali conflitti. Tali regole fanno prevalere il criterio dell’abitazione permanente, cui seguono, in ordine gerarchico:

– il centro degli interessi vitali; – il soggiorno abituale; – la nazionalità del Contribuente.

Ciò premesso, l’Amministrazione finanziarie fornisce le proprie valutazioni nel presupposto di una residenza fiscale in Germania dell’Istante, ai sensi della normativa interna di tale Stato.

Al riguardo, si osserva che il Trattato con la Germania, seguendo le raccomandazioni formulate nel § 10 del Commentario all’art. 4 del Modello OCSE, reca una disposizione che prevede esplicitamente la soluzione al problema della doppia residenza mediante il frazionamento dell’anno d’imposta, in caso di trasferimento da uno Stato all’altro nel corso dell’anno.

Pertanto, nella fattispecie prospettata dall’Istante, il conflitto di residenza deve essere risolto invocando la clausola del frazionamento del periodo di imposta contenuta nel punto 3 del Protocollo aggiuntivo alla Convenzione Italia- Germania. A tal fine, va assunta come data spartiacque quella del cambio di domicilio, con la conseguenza che, in linea di principio:

– l’Italia può esercitare la propria potestà impositiva fino alla data in cui è intervenuto il cambio del domicilio;

– la Germania può esercitare la propria pretesa impositiva dal giorno successivo.

Ne consegue che il reddito derivante dall’attività lavorativa svolta in Germania a partire da settembre è soggetto a tassazione in Germania in base a quanto previsto dall’art. 15 § 1 della Convenzione Italia-Germania. Tale norma stabilisce, infatti, che le remunerazioni ricevute in corrispettivo di un’attività di lavoro dipendente sono imponibili soltanto nello Stato di residenza, a meno che tale attività non sia svolta nell’altro Stato (circostanza non verificata nel caso di specie).

Il reddito corrisposto per l’attività lavorativa svolta in Germania non deve quindi essere assoggettato a tassazione in Italia.

  1. Agenzia delle Entrate, risposta a interpello n. 171 del 26 gennaio 2023

Con la risposta n. 171 del 2023, l’Amministrazione finanziaria ha confermato che il residente italiano che svolge la propria attività da remoto dal proprio domicilio alle dipendenze del datore di lavoro svizzero non potrà più essere considerato frontaliere ai fini fiscali a decorrere dalla data di cessazione degli effetti degli accordi “COVID”, fissata al 1° febbraio 2023.

I chiarimenti dell’Agenzia toccano due profili di interesse. In particolare: – il rapporto tra normativa fiscale e normativa previdenziale; – le modalità di quantificazione della parte di reddito assoggettata alle

regole ordinarie (le quali si sostanziano nella tassazione del reddito in entrambi gli Stati).

Il caso esaminato è quello di un soggetto che aveva ottenuto, in epoca COVID, l’autorizzazione a svolgere da remoto una porzione del proprio lavoro sino al 25% dei giorni lavorativi complessivi. Con riguardo al primo profilo, la richiesta avanzata dal contribuente riguardava la possibilità di applicare alla fattispecie in esame le previsioni dei Regolamenti europei n. 883 del 2004 e 987 del 2009, che accordano ai frontalieri l’adozione della sola legislazione dello Stato ove ha sede il datore di lavoro, anche se una parte dell’attività lavorativa (non superiore al 25% della retribuzione e/o dell’orario di lavoro) viene svolta da remoto nello Stato di residenza del lavoratore. L’Agenzia rispondeva negativamente sulla scorta della prassi consolidata per cui la qualifica di frontaliere è subordinata allo spostamento fisico quotidiano della persona dal proprio domicilio al luogo di lavoro nell’altro Stato. Il secondo chiarimento riguarda le modalità di ripartizione della potestà impositiva tra Italia e Svizzera. Sempre avendo a riguardo la suddivisione della prestazione lavorativa sopra indicata (75% dei giorni lavorati in presenza in Svizzera e 25% dei giorni lavorati da remoto in Italia), una delle possibili ipotesi sarebbe stata quella di considerare la persona quale frontaliere “pro quota”, limitatamente al 75% del reddito. Questa ipotesi viene esclusa dall’Agenzia delle Entrate. Di conseguenza, tutto il reddito prodotto viene escluso dai criteri impositivi enucleati dall’art. 15 paragrafo 4 della Convenzione Italia-Svizzera, il quale, con rimando all’Accordo del 1974, riconosce alla Svizzera il potere esclusivo di tassazione. In definitiva, in base all’art. 15 par. 1 della Convenzione Italia-Svizzera:

– la porzione di reddito corrispondente al 75% dei giorni lavorati in Svizzera viene assoggettata a tassazione sia in Italia, sia in Svizzera (con credito in Italia per le imposte pagate in Svizzera);

– la porzione di reddito corrispondente al 25% dei giorni lavorati da remoto in Italia viene assoggettata a tassazione esclusiva in Italia (in questo caso, infatti, coincidono la residenza del lavoratore e il luogo di svolgimento dell’attività lavorativa).

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Nel restare a Vs. disposizione per eventuali approfondimenti e/o chiarimenti, porgiamo

Cordiali saluti,

ENBIC – Studio e-IUS Tax & Legal

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