N.43 Novità Fiscali 15/09/2025

 Roma, Li 15 settembre 2025

Oggetto: Newsletter Studio e-IUS Tax & Legal – ENBIC “Le ultime novità fiscali”

Spett.le Società/Associazione, con la presente siamo lieti di sottoporre alla Vostra attenzione le ultime novità in materia fiscale.

ATTIVITÀ LEGISLATIVA

  1.           Decreto MIMIT 10 luglio 2025

In G.U. Serie Generale n. 171 del 25.07.2025 è stato pubblicato il decreto direttoriale del Mimit recante Registro delle imprese. Sezione speciale per le imprese culturali e creative.

  1.           Legge 30 luglio 2025, n. 108

In G.U. Serie Generale n. 177 del 01.08.2025 è stata pubblicata la legge, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 17 giugno 2025, n. 84, recante disposizioni urgenti in materia fiscale.

  1.           Legge 1 agosto 2025, n. 113

In G.U. Serie Generale n. 180 del 05.08.2025 è stata pubblicata la legge, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 26 giugno 2025, n. 92, recante misure urgenti di sostegno ai comparti produttivi.

  1.           Legge 8 agosto 2025, n. 118

In G.U. Serie Generale n. 184 del 09.08.2025 è stata pubblicata la legge, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 30 giugno 2025, n. 95, recante disposizioni urgenti per il finanziamento di attività economiche e imprese, nonché interventi di carattere sociale e in materia di infrastrutture, trasporti ed enti territoriali.

  1.           Legge 8 agosto 2025, n. 119

In G.U. Serie Generale n. 184 del 09.08.2025 è stata pubblicata la legge, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 30 giugno 2025, n. 96, recante disposizioni urgenti per l’organizzazione e lo svolgimento di grandi eventi sportivi, nonché ulteriori disposizioni urgenti in materia di sport.

  1.           Legge 8 agosto 2025, n. 120

In G.U. Serie Generale n. 184 del 09.08.2025 è stata pubblicata la legge 8 agosto 2025, n. 120, recante modifiche alla legge 9 agosto 2023, n 111, recante delega al Governo per la riforma fiscale.

  1.           Comunicato MIMIT 11 agosto 2025

In G.U. Serie Generale n. 185 dell’11.08.2025 è stato pubblicato il comunicato relativo al decreto 30 luglio 2025, recante intervento a sostegno delle cooperative di piccola e media dimensione (Nuova Marcora).

  1.           Decreto legislativo 1° agosto 2025, n. 123

In G.U. Serie Generale n. 186 del 12.08.2025 è stato pubblicato il decreto legislativo recante Testo unico delle disposizioni legislative in materia di imposta di registro e di altri tributi indiretti.

  1.           Decreto MEF 8 agosto 2025

In G.U. Serie Generale n. 190 del 18.08.2025 è stato pubblicato il decreto del viceministro dell’economia e delle finanze recante riduzione dell’aliquota IRES per le imprese che realizzano investimenti rilevanti.

  1.       Decreto MLPS 11 luglio 2025

In G.U. Serie Generale n. 193 del 21.08.2025 è stato pubblicato il decreto del ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il ministro per gli affari europei, il pnrr e le politiche di coesione e il ministro dell’economia e delle finanze, recante criteri e modalità attuative degli esoneri introdotte dagli articoli 17 e 18 del decreto-legge 7 maggio 2024, n. 60, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 luglio 2024, n. 95 (Autoimpiego e Resto al SUD).  

  1.   Decreto MIMIT 7 agosto 2025

In G.U. Serie Generale n. 195 del 23.08.2025 è stato pubblicato il decreto del direttore generale servizi di vigilanza 7 agosto 2025, recante Registro imprese. Aggiornamento del decreto 18 ottobre 2013 (Fedra 7.06).

NOVITÀ IN MATERIA DI TERZO SETTORE

  1.       Decreto attuativo della delega fiscale: novità per il Terzo settore

Lo scorso 22 luglio, Il Consiglio dei Ministri ha approvato in via preliminare un decreto legislativo attuativo della legge delega per la riforma fiscale (legge 9 agosto 2023, n. 111) che introduce importanti novità fiscali per enti del Terzo settore.

 Tra le novità di interesse per il Terzo settore si segnala:

  •       l’introduzione di un regime speciale di sospensione d’imposta in caso di mutamento di qualifica commerciale/non commerciale secondo i nuovi parametri dell’articolo 79 del Codice del Terzo settore. Se il bene è utilizzato in modo difforme, la plusvalenza sarà tassata, con possibilità di rateizzazione se posseduto da oltre tre anni (nuovo articolo 79-bis CTS);
  •       l’introduzione di un esonero dagli obblighi di certificazione, memorizzazione e trasmissione telematica dei corrispettivi specifici per ODV e APS che adottano il regime forfettario dell’articolo 86 del CTS;
  •       l’introduzione della soglia unica a 85mila euro per l’accesso al regime agevolato in conformità alla normativa unionale;
  •       le associazioni e società sportive dilettantistiche (ASD e SSD) iscritte al Registro unico delle attività sportive dilettantistiche (RASD) potranno continuare a usufruire del regime fiscale agevolato previsto dalla legge 398/1991.
  1.       Social Bonus: il 15 settembre si chiude la terza finestra temporale per presentare istanza

Il prossimo 15 settembre si chiude la terza finestra temporale per presentare l’istanza di accesso al Social Bonus, l’agevolazione fiscale per enti del Terzo settore che realizzano interventi di recupero di immobili pubblici o beni confiscati alla criminalità. Le domande vanno inviate online tramite la piattaforma del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

  1.       Fondo ex art. 72 CTS: pubblicato l’atto di indirizzo 2025

È stato pubblicato sul sito del Ministero del Lavoro il decreto ministeriale n. 124 del 7 agosto 2025 che definisce, attraverso l’atto di indirizzo previsto dall’art. 72 del CTS, la ripartizione dei fondi destinati agli ETS per il triennio 2025-2027.

L’ammontare complessivo delle risorse supera i 141 milioni di euro: si tratta di fondi finalizzati a sostenere progetti e attività di interesse generale promosse da organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale e fondazioni del Terzo settore e le ONLUS (in quanto ETS di diritto transitorio).

La principale novità introdotta riguarda i progetti di rilevanza nazionale: per tutti sarà obbligatoria la redazione di un rapporto di valutazione dell’impatto sociale, in linea con le Linee guida ministeriali del 2019. Si tratta di uno strumento che dovrà documentare gli effetti concreti delle attività finanziate sulle comunità di riferimento.

Per poter partecipare formalmente al riparto bisognerà attendere la pubblicazione del bando.

  1.       Consiglio Notarile di Milano: chiarimenti su trasformazioni, fusioni e scissioni nelle Fondazioni

Lo scorso 22 luglio, la Commissione Terzo Settore del Consiglio Notarile di Milano ha pubblicato una massima dedicata alle operazioni straordinarie delle fondazioni (trasformazione, fusione e scissione), disciplinate dall’art. 42-bis del codice civile, introdotto dal Codice del Terzo Settore.

Secondo l’interpretazione prospettata, lo statuto di una fondazione può escludere del tutto tali operazioni, limitarle solo ad alcune ipotesi, o subordinarle a specifiche condizioni. In assenza di un divieto espresso, le operazioni sono ammesse, in coerenza con il principio di autonomia statutaria sancito dalla Costituzione. Lo statuto può inoltre stabilire quale sia l’organo competente ad approvarle e prevedere quorum deliberativi diversi da quelli ordinari per le modifiche statutarie.

Il documento sottolinea che la trasformazione o l’incorporazione di una fondazione in un’associazione, così come la scissione a favore di un ente associativo, comportano una radicale modifica delle regole statutarie e possono determinare una sostanziale variazione dello scopo fondativo. In tali casi, è ammesso che lo statuto individui limiti e condizioni specifiche, ad esempio il consenso di determinati organi o soggetti, oppure il ricorso a queste operazioni solo in presenza di situazioni di perdita patrimoniale.

Le deliberazioni di trasformazione, fusione o scissione di una fondazione devono comunque essere sottoposte all’approvazione dell’Autorità amministrativa competente (Prefettura, Regione o Ministero del Lavoro), che conserva il potere di valutare la compatibilità con gli scopi originari della fondazione. Per gli enti iscritti al RUNTS, inoltre, resta ferma la vigilanza prevista dall’art. 22 del Codice del Terzo Settore.

  1.       Invio dichiarazione IRAP

Entro il prossimo 30 settembre, gli ETS, ove obbligati, saranno tenuti ad inviare telematicamente, tramite il sito dell’Agenzia delle Entrate, la dichiarazione IRAP relativa all’anno d’imposta 2024.

NOVITÀ IN MATERIA DI CONTENZIOSO TRIBUTARIO

  1.   Onere della prova nel processo tributario (Cass. civ., Sez. V, Ordinanza, 21/07/2025, n. 20328)

Nel processo tributario, l’onere di produzione del processo verbale di constatazione (PVC) non rappresenta un adempimento imprescindibile, essendo rimesso all’onere dispositivo delle parti e salvo l’esercizio dei poteri officiosi del giudice ex art. 7, D.Lgs. n. 546/1992. Mancando la produzione del PVC, la situazione deve essere valutata caso per caso, spettando al giudice la decisione iusta alligata et probata.

  1.   Deroga al termine dilatorio per la notifica dell’avviso di accertamento (Cass. civ., Sez. V, Ordinanza, 21/07/2025, n. 20390)

Le ragioni di urgenza che possono giustificare una deroga al rispetto del termine dilatorio di sessanta giorni per la notifica dell’avviso d’accertamento devono consistere in elementi di fatto che esulano dalla sfera dell’ente impositore e fuoriescono dalla sua diretta responsabilità. Non possono, pertanto, identificarsi nell’imminente scadenza del termine decadenziale del potere accertativo, salvo che tale esercizio dell’accertamento nell’imminenza della scadenza sia dipeso da fattori imputabili al contribuente che hanno inciso sull’attività accertativa. L’amministrazione finanziaria, intesa come ente impositore nel suo complesso, è responsabile anche dei ritardi imputabili alla Guardia di Finanza, in quanto organo ispettivo collaterale.

  1.   Competenza del giudice tributario (Cass. civ., Sez. V, Ordinanza, 21/07/2025, n. 20456)

La domanda di restituzione dei costi delle fideiussioni prestate in relazione a giudizi incardinati avverso pretese fiscali e definiti in senso favorevole al contribuente appartiene alla giurisdizione del giudice tributario, perché non viene in discussione il rapporto di garanzia, bensì il costo accessorio alla definizione giudiziaria del rapporto di credito tributario, devoluto alla relativa giurisdizione.

  1.   Imposta proporzionale sulla sentenza ex art. 2932 c.c. (Cass. civ., Sez. V, Ordinanza, 23/07/2025, n. 20852)

La sentenza che dispone, ai sensi dell’art. 2932 c.c., il trasferimento di un bene a favore del promissario acquirente, subordinatamente al pagamento del corrispettivo pattuito, è soggetta ad imposta proporzionale, ai sensi dell’art. 27, comma 3, D.P.R. n. 131/1986 . Ciò indipendentemente dal soggetto (promittente venditore o promissario acquirente) che ha proposto l’azione, dovendo ritenersi

sussistente la condizione meramente potestativa ogni qualvolta gli effetti dell’operazione negoziale dipendano dalla mera determinazione del promissario acquirente.

  1.   Cartella di pagamento notificata al curatore fallimentare (Cass. civ., Sez. V, Ordinanza, 25/07/2025, n. 21379)

In tema di contenzioso tributario, la cartella di pagamento notificata unicamente al curatore fallimentare non è opponibile al fallito tornato in bonis. Qualora il contribuente riceva la notificazione di un atto successivo che presuppone tale cartella, può contestare la validità e la fondatezza anche dell’atto prodromico non notificato, purché l’impugnazione sia proposta tempestivamente a decorrere dal momento in cui il contribuente ne abbia avuto effettiva conoscenza.

  1.   Accertamento tributario fondato su presunzioni semplici (Cass. civ., Sez. V, Ordinanza, 30/07/2025, n. 21906)

In tema di accertamento tributario, l’Amministrazione finanziaria può legittimamente basare le proprie contestazioni su presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, anche in presenza di una contabilità formalmente regolare ma intrinsecamente inattendibile per l’antieconomicità del comportamento del contribuente. Tale antieconomicità può desumersi anche da un unico elemento presuntivo, purché preciso e grave.

  1.   Detrazioni IVA (Cass. civ., Sez. V, Sentenza, 31/07/2025, n. 22155)

Ai fini della determinazione del pro-rata di detraibilità dell’IVA, si deve avere riguardo all’attività effettivamente svolta dalla società contribuente e non a quella definita dall’atto costitutivo come oggetto sociale. Le operazioni di cessione di quote di un fondo immobiliare, se rappresentano un prolungamento diretto, permanente e necessario dell’attività impresa del contribuente, rientrano nell’ambito delle operazioni rilevanti ai fini del pro-rata di detraibilità dell’IVA.

  1.   Imposta sul reddito delle attività professionali (Cass. civ., Sez. V, Ordinanza, 05/08/2025, n. 22608)

Ai fini della debenza dell’imposta sul reddito delle attività professionali (IRAP), il requisito dell’autonoma organizzazione per le professioni liberali, quale presupposto necessario dell’imposta, sussiste in presenza di una capacità produttiva impersonale ed aggiuntiva rispetto a quella propria del professionista. Tale capacità deriva dal coordinamento di fattori che, valutati su di un piano non solo quantitativo ma anche qualitativo, sono suscettibili di creare un valore aggiunto rispetto alla mera attività intellettuale svolta dal professionista. I singoli fatti rivelatori di detta organizzazione non possono essere esaminati isolatamente e in maniera atomistica, ma devono necessariamente essere posti in relazione tra loro e valutati in modo complessivo.

  1.   Operazioni inesistenti e onere della prova (Cass. civ., Sez. V, Sentenza, 07/08/2025, n. 22795)

In caso di operazioni fiscali oggettivamente inesistenti, qualora l’amministrazione finanziaria dimostri, anche mediante presunzioni semplici, l’inesistenza delle operazioni, spetta al contribuente provare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate, non potendo tale onere ritenersi assolto con l’esibizione della fattura, né con la regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento utilizzati.

  1.   Responsabilità del rappresentante fiscale ai fini IVA (Cass. civ., Sez. V, Ordinanza, 19/08/2025, n. 23523)

Il rappresentante fiscale ai fini dell’IVA residente nel territorio dello Stato risponde solidalmente con il soggetto non residente per le obbligazioni derivanti dalle operazioni rilevanti ai fini IVA, ma la sua responsabilità è limitata alle operazioni passive di competenza attribuitegli dal mandante non residente e alla sua effettiva ingerenza nelle operazioni irregolari. Non è sufficiente la mera conoscenza o conoscibilità delle operazioni irregolari poste in essere dal rappresentato.

  1.   Accertamento dell’esistenza di una società di fatto ai fini fiscali (Cass. civ., Sez. V, Ordinanza, 20/08/2025, n. 23580)

L’accertamento dell’esistenza di una società di fatto, ai fini fiscali, richiede che l’Amministrazione provi tutti gli elementi costitutivi del vincolo societario, inclusi l’intenzionale esercizio in comune di un’attività commerciale, a scopo di lucro, e il conferimento a tal fine dei necessari beni e servizi, anche in via presuntiva.

La sola apparenza del vincolo sociale non è sufficiente a costituire un autonomo titolo della responsabilità fiscale dei soci.

  1.   Motivazione per relationem degli atti impositivi (Cass. civ., Sez. V, Ordinanza, 27/08/2025, n. 23987)

L’obbligo di motivazione degli atti impositivi, come disciplinato dall’art. 7 L. n. 212 del 2000, è soddisfatto mediante rinvio per relationem ai processi verbali di constatazione riguardanti la maggiore materia imponibile della società, ancorché solo nei confronti di questa rilasciati, giacché l’amministratore di fatto, ingerendosi nell’amministrazione ed esercitando i poteri propri della gestione societaria, ha l’obbligo di conoscere l’andamento dell’attività sociale.

  1.   Cumulabilità agevolazioni fiscali e dichiarazione integrativa (Cass. civ., Sez. V, Ordinanza, 29/08/2025, n. 24168)

In caso di cumulabilità delle agevolazioni fiscali (nella specie, la tariffa incentivante prevista dal ‘conto energia’ e la detassazione degli investimenti ambientali ex ‘Tremonti Ambientale’), il contribuente può fruire del beneficio fiscale mediante dichiarazione integrativa ex art. 2, comma 8 bis, del D.P.R. n. 322/1998, anche se la possibilità di usufruirne è stata chiarita successivamente per via normativa o interpretativa.

  1.   Agevolazione “prima casa” (Cass. civ., Sez. V, Sentenza, 03/09/2025, n. 24477)

In materia di agevolazione fiscale per l’acquisto della “prima casa”, la condizione ostativa di cui all’art. 1, Nota II-bis, comma 1 lett. b), Parte I, della Tariffa allegata al D.P.R. n. 131/1986, che preclude l’accesso all’agevolazione quando l’acquirente è già titolare, esclusivo o in comunione con il coniuge, di diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione su altra abitazione nel medesimo comune, si applica sia in caso di comunione legale che di comunione ordinaria tra coniugi.

  1.   Redditi tassati per trasparenza: annullamento automatico degli accertamenti emessi nei confronti dei soci (Cass. civ., Sez. V, Ordinanza, 08/09/2025, n. 24809)

In materia di redditi tassati per trasparenza, l’annullamento degli accertamenti relativi al reddito di una società di persone comporta automaticamente l’annullamento degli accertamenti emessi nei confronti dei soci, per l’effetto espansivo interno ex art. 336, comma 1, c.p.c. Tale principio è fondato sulla diretta derivazione della rettifica dei redditi dei soci dalla rideterminazione di quelli della società, che ne rappresenta il presupposto indefettibile.

NOVITÀ PER LE IMPRESE

INCENTIVI ALLE IMPRESE

  1.   Patent box: forniti chiarimenti in merito alla deducibilità dei costi di ricerca e sviluppo su software non registrati presso la SIAE (risposta ad interpello dell’Agenzia delle entrate 22 agosto 2025, n. 223)

Lo scorso 22 agosto, l’Agenzia delle entrate ha fornito, con la risposta ad interpello n. 223, importanti chiarimenti in merito alla corretta interpretazione e applicazione, ai fini IRES e IRAP, dell’agevolazione Patent Box sui i costi di ricerca e sviluppo sostenuti per la realizzazione di software. Più nel dettaglio, l’Amministrazione finanziaria si è pronunciata in merito alla possibilità di fruire dell’agevolazione in commento, anche nel caso in cui i costi siano stati sostenuti per la creazione e lo sviluppo di software protetti da copyright ma non registrati presso la SIAE.

Sul punto, richiamando un precedente documento di prassi, l’Agenzia delle entrate chiarisce che, anche in assenza della registrazione presso la SIAE, è possibile accedere al beneficio, a condizione che si dimostri:

(i)               l’effettiva esistenza del software;

(ii)              la presenza di requisiti di originalità e creatività; e,

(iii)            la titolarità dei diritti esclusivi, acquisiti in via originaria o derivativa.

Tali elementi possono risultare anche da una dichiarazione sostitutiva resa ai sensi del d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, da detenere e consegnare all’Amministrazione Finanziaria in caso di accessi, ispezioni o verifiche o di altra attività istruttoria (cfr. Circolare dell’Agenzia delle entrate n. 5/E del 2023).

Da ultimo, l’Agenzia delle entrate si sofferma sul meccanismo premiale che consente di beneficiare della maggiorazione del 110%, anche per le spese sostenute in fase di sviluppo (cfr. art. 6, comma 10-bis del D.L. n. 146 del 2021).

Sul punto, nella citata Circolare n. 5/E/2023 era stato chiarito che le attività di ideazione e realizzazione dei software possono considerarsi rilevanti ai fini del meccanismo premiale nel caso in cui il bene sia stato registrato presso la SIAE. In merito ai software, dunque, è possibile beneficiare del meccanismo premiale a partire dal periodo di imposta in corso alla data di registrazione del bene presso la SIAE.

Su tali basi, dunque, nell’ipotesi in cui il software (già in uso e per il quale si si è già fruito del beneficio Patent Box in via ordinaria) venisse registrato in un periodo d’imposta successivo è consentito l’accesso alla c.d. recapture a partire dalla data di registrazione, fermo restando il rispetto delle previsioni normative.

  1.   IRES premiale: pubblicato il decreto attuativo della disciplina agevolativa della riduzione dell’aliquota IRES per le imprese che realizzano investimenti rilevanti (Decreto del Ministero dell’economia e delle finanze 8 agosto 2025, pubblicato in Gazzetta Ufficiale 18 agosto 2025, n. 180)

Lo scorso 18 agosto è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 180 il decreto del Ministero dell’Economia e delle finanze contente le disposizioni di attuazione dell’art. 1, commi 436 a 444, della Legge 30 dicembre 2024, n. 207, in materia di riduzione dell’aliquota IRES per le imprese che realizzano investimenti rilevanti (c.d. IRES Premiale). Si tratta di un’agevolazione che comporta una riduzione dell’aliquota IRES di 4 punti percentuali, spettante al ricorrere di determinate condizioni riguardanti la patrimonializzazione delle società, il realizzo di investimenti rilevanti, la presenza di un incremento occupazionale, nonché la mancata fruizione di alcuni ammortizzatori sociali.

A livello soggettivo, la riduzione dell’aliquota IRES spetta ai soggetti indicati all’art. 73, co. 1, lett. a) e b) del TUIR (i.e. società di capitali, società cooperative, società di mutua assicurazione nonché le società europee e le società cooperative europee, residenti nel territorio dello Stato, nonché gli enti pubblici e privati, diversi dalle società, nonché i trust residenti nel territorio dello Stato che svolgono attività commerciale) nonché alle loro stabili organizzazioni nel territorio dello Stato ed ai soggetti indicati alla lett. d) del citato art. 73 (i.e. società e enti di ogni tipo, compresi i trust, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato).

Sono esclusi dall’agevolazione, le società e gli enti che:

(i)               nel periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2024:

(a)   sono in liquidazione ordinaria ovvero sono soggetti a procedure concorsuali di natura liquidatoria;

(b)   determinano il loro reddito, anche parzialmente, sulla base di regimi forfettari;

(ii)              nel periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2024 applicano il regime di contabilità semplificata.

Ai sensi dell’art. 4 del citato decreto per beneficiare dell’agevolazione almeno l’80% dell’utile dell’esercizio chiuso al 31 dicembre 2024 deve essere accantonato in un’apposita riserva indisponibile e almeno il 30% di tale utile accontato deve essere destinato a investimenti (c.d. qualificativi).

A tal fine, si considera accantonato tutto l’utile non distribuito ai soci, anche se utilizzato per coprire perdite. Gli acconti sui dividenti si considerano distribuiti.

Con riferimento agli investimenti rilevanti, il successivo art. 5 stabilisce che, ai fini dell’IRES premiale, gli investimenti qualificati devono riguardare:

– i beni materiali e immateriali compresi negli Allegati A e B della legge n. 232/2016, già oggetto del credito d’imposta per investimenti in beni 4.0 (legge n. 178/2020);

– i beni riconducibili all’art. 38, commi 4, secondo periodo, e 5, del D.L. n. 19/2024, inseriti nell’ambito della Transizione 5.0, purché acquisiti nell’ambito di progetti di innovazione finalizzati alla riduzione dei consumi energetici.

Come specificato al comma 2 del citato art. 5, deve trattarsi di beni interconnessi ai sistemi aziendali di gestione della produzione o alla rete di fornitura e tale interconnessione deve durare per ameno la metà del periodo di sorveglianza previsto. In merito ai beni innovativi, oltre all’interconnessione, è richiesto che il progetto consenta una riduzione dei consumi energetici:

(i)               almeno del 3% per la struttura produttiva nazionale coinvolta; oppure,

(ii)              almeno del 5% per i processi interessati, nel periodo di imposta successivo all’entrata in funzione del bene rispetto al periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2024.

Inoltre, per accedere all’IRES premiale, i soggetti indicati soggetti indicati all’art. 73, co. 1, lett. a) e b) del TUIR devono soddisfare ulteriori condizioni, segnatamente: 

(i)               nel periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2024:
                 a) il numero di unità lavorative per anno non sia diminuito rispetto alla media del triennio precedente;
                 b) siano state effettuate nuove assunzioni di lavoratori dipendenti con contratto di lavoro a tempo indeterminato che costituiscano incremento occupazionale, in misura pari ad almeno l’1% del numero dei lavoratori dipendenti a tempo indeterminato mediamente occupati nel periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2024 e, comunque, in misura non inferiore a un lavoratore dipendente con contratto di lavoro a tempo indeterminato;

(ii)              non si sia fatto ricorso alla cassa integrazione guadagni nel periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2024 o in quello successivo, ad eccezione dell’integrazione salariale ordinaria corrisposta nei particolari casi previsti dalla legge.

In tale contesto, particolare interesse assume la previsione contenuta nel successivo art. 12 del Decreto, a mente del quale viene ammessa la cumulabilità della riduzione dell’aliquota IRES con altre agevolazioni aventi ad oggetto i medesimi costi (es. i crediti imposta Transizione 4.0 e 5.0.). Nello specifico, viene stabilito che il beneficio della riduzione dell’aliquota IRES spetta nei limiti del costo sostenuto rimasto a carico dell’impresa per gli investimenti rilevanti di cui al citato articolo 5. Restano, tuttavia, ferme le regole di “cumulo” definite dalle singole discipline agevolative, indicate, rispettivamente, nell’art. 1, comma 1059 della Legge n. 178 del 2020 e all’art. 38, comma 18, del D.L. 19/2024 (cfr. Relazione illustrativa al decreto).

OPERAZIONI STRAORDINARIE

  1.   Scissione con scorporo: neutralità fiscale applicabile a favore di (risposta ad interpello dell’Agenzia delle entrate 22 agosto 2025, n. 225)

Con la risposta ad interpello 22 agosto 2025, n. 225 l’Agenzia delle entrate affronta il tema dell’applicabilità della previsione contenuta all’art. 173, co. 15-ter del TUIR alle operazioni di scissione con scorporo, anche nel caso di società beneficiarie preesistenti.

Preliminarmente, l’Amministrazione finanziaria si sofferma sulla disciplina dell’istituto in commento. In particolare, ai sensi dell’art. 2506.1 c.c. con la scissione con scorporo si determina l’assegnazione di una parte del patrimonio della scissa a favore di una o più società di nuova costituzione e l’assegnazione delle partecipazioni al capitale di quest’ultime alla stessa società scissa e non ai suoi soci.

A livello fiscale, l’operazione è regolata dall’art. 173, co. 15-ter del TUIR. Sul punto, il citato articolo prevede che la neutralità fiscale della scissione con scorporo si applica limitatamente alle scissioni mediante scorporo a favore di beneficiare di nuova costituzione.

Su tali basi, l’Agenzia delle entrate esclude l’applicabilità del beneficio di neutralità nel caso di scissioni mediante scorporo a favore di beneficiarie già esistenti.

  1.   Cessione d’azienda: utilizzo del Negative Goodwill per la svalutazione di immobili (risposta ad interpello dell’Agenzia delle entrate 21 agosto 2025, n. 218)

Con la risposta ad interpello 21 agosto 2025, n. 218 l’Agenzia delle entrate ha affrontato il tema di Badwill e l’utilizzo del Negative Goodwill per la svalutazione di immobili e l’iscrizione di nuove attività immateriali nell’ambito dell’acquisto di rami d’azienda contabilizzati in conformità al principio IFRS3.

  Sul punto, l’art. 4, co. 3 del D.M. 1 aprile 2009 n. 48 (c.d. Regolamento IAS) dispone che per le operazioni di cessione d’azienda o di partecipazioni rileva il regime fiscale disposto dal T.U., anche nel caso in cui dalla rappresentazione in bilancio non emergano i relativi componenti positivi e negativi ovvero attività e passività fiscalmente rilevanti.

Con tale disposizione si è inteso ribadire che nelle operazioni di cessione d’azienda, ai fini fiscali, assume rilevanza il principio secondo cui i valori fiscali dei beni dell’azienda ricevuta corrispondono al costo sostenuto. Ciò trova applicazione, non solo nel caso di operazioni di cessione d’azienda under common control, ma anche nelle ipotesi in cui il trasferimento avvenga tra parti indipendenti (cfr. risposta ad interpello n. 538/2021).

Anche nell’ipotesi di operazioni di acquisto di aziende o di rami aziendali effettuate tra soggetti IAS/IFRS adopter e contabilizzate, in applicazione dell’IFRS 3, con il metodo della Purchase Price Allocation, il Negative Goodwill costituisce un fondo per oneri futuri, il cui utilizzo a copertura dei suddetti oneri rileva ai fini della determinazione del reddito imponibile (cfr. risposta ad interpello n. 538 cit.).

L’applicazione del sopracitato metodo impone, dunque, di considerare il Negative Goodwill Lordo alla stregua di un fondo rischi fiscalmente riconosciuto chiamato a concorrere sistematicamente, fino al suo esaurimento, alla formazione del reddito imponibile.

Laddove questo sia portato a riduzione di attività ovvero ad incremento di passività, lo stesso concorrerà alla formazione del reddito in funzione del regime fiscale applicabile alle attività e passività oggetto di imputazione. L’eventuale parte residua, imputata a conto economico (c.d. Negative Goodwill Netto), sarà invece assoggettata a tassazione, analogamente a quanto avviene nel caso di “fondo esuberante”, nell’ambito OIC.

Conclude l’Agenzia delle entrate affermando che la rettifica del valore degli immobili è equivalente, a livello fiscale, ad una svalutazione indeducibile che potrà essere riassorbita lungo il piano di ammortamento ovvero, per l’eventuale residuo, al termine del processo di ammortamento (cfr. risoluzione n. 98/E del 19 dicembre 2013). Ai fini IRES, le predette variazioni in diminuzione dovranno essere determinate nella misura massima pari alla differenza tra la quota di ammortamento fiscale (calcolata in base ai coefficienti di cui al D.M. 31 dicembre 1988) e la quota di ammortamento imputata a conto economico.

  1.   Conferimento transfrontaliero di partecipazione (risposta ad interpello 20 agosto 2025 n. 217)

Con la risposta ad interpello 20 agosto 2025, n. 217, l’Agenzia delle entrate ha nuovamente affrontato il tema del conferimento transfrontaliero di partecipazioni da parte di più conferitari. Il caso sottoposto all’Amministrazione finanziaria riguardava il trasferimento delle partecipazioni in una società italiana (Alfa Italia) a favore di una società francese (Alfa2Francia), nell’ambito di un progetto di riorganizzazione del Gruppo volto a semplificare la struttura societaria e a rafforzare l’assetto patrimoniale di Alfa2Francia. 

Più nel dettaglio, l’operazione prevedeva tre distinti passaggi:

(i)               con un primo conferimento, una società francese Alfa conferisce in un’altra società francese Alfa2 il 19,99% della sua partecipazione (complessivamente parti al 73,95%) in una società italiana Alfa Italia;

(ii)              con un secondo conferimento simultaneo:

  1. Alfa intende conferire in favore di Alfa 2 la sua intera partecipazione nella società italiana Alfa Italia (53,96%);
  2. l’altra conferente, la società italiana Beta (altra conferente), intende conferire ad Alfa 2 la sua intera partecipazione in Alfa Italia (26,05%);

(iii)   con il terzo ed ultimo conferimento, la società Beta intende conferire l’intera partecipazione in Alfa 2 in favore di Alfa.

A fronte della complessità dell’operazione descritta, l’istante (i.e. Società francese Alfa) chiedeva all’Amministrazione finanziaria se il conferimento simultaneo potesse beneficiare del regime di neutralità di cui all’art. 179 del TUIR.

Preliminarmente, l’Agenzia delle entrate ricorda che, ai sensi dell’art. 23, co. 1, lett. f) del TUIR si considerando prodotte nel territorio dello Stato «le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di partecipazioni in società residenti».

Ciò posto, per le operazioni di riorganizzazione c.d. «transfrontaliere», vale a dire quelle poste in essere tra società appartenenti a stati diversi dell’Unione europea, occorre fare riferimento agli artt. 178 a 181 del TUIR. Più nel dettaglio, l’art. 179, co. 4, del TUIR prevede uno speciale regime di neutralità fiscale con riferimento, tra le altre, alle operazioni di «scambio di partecipazioni mediante permuta o conferimento, indicate nell’art. 178 (…)».

Ai sensi dell’art. 178, al comma 1, lett. e) del TUIR: gli scambi di partecipazioni mediante conferimento, realizzati dai soggetti indicati alla lett. a) co. 1, dell’art. 178 (vale a dire, S.p.A., in accomandita per azioni, S.r.l., cooperative e di muta assicurazione, enti pubblici e privati aventi per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali, residenti nel territorio dello Stato e residenti in altri Stati membri dell’UE) non determinano realizzo di plusvalenza o minusvalenze sulle azioni o quote date in cambio, in quanto il valore fiscale di queste ultime è assunto dalle azioni o quote ricevute in conferimento, ripartendosi tra tutte in proporzione ai valori alle stesse attribuiti ai fini della determinazione del rapporto di cambio.

Tale regime, tuttavia, si applica solo se:

(i)               la società conferitaria risieda in uno Stato comunitario differente rispetto a quello del soggetto conferito;

(ii)              la società conferitaria acquisti o integri il controllo ex art. 2359, co. 1, n. 1, c.d. (i.e. alternativamente: maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria, voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria, influenza dominante in virtù di particolari vincoli contrattuali) del soggetto conferito, ovvero incrementi la percentuale di controllo in tale soggetto, in virtù di un obbligo legale o di un vincolo statutario;

(iii)            uno dei soggetti che effettuano lo scambio sia residente in Italia.

A tal fine appare opportuno segnalare che i sopratrascritti sono stati recentemente modificati dal D.Lgs. 13 dicembre 2024, n. 192, che ha ridefinito alcune condizioni di applicabilità.

Ciò posto, l’Amministrazione finanziaria ha osservato che nel caso in esame si è in presenza di (i) una partecipazione da conferire relativa a una società residente in Italia (Alfa Italia), (ii) un soggetto conferitario non residente (Alfa2 Francia), e (iii) due soggetti conferenti di cui uno, Beta, residente in Italia e l’altro, la società istante, residente in Francia.

Sul punto, l’Agenzia delle entrate rileva che, il controllo di Alfa Italia, come definito dall’art. 2359 del c.c., veniva trasferito alla società Alfa2 Francia esclusivamente in virtù del conferimento della partecipazione detenuta da Alfa Francia. Ciò in considerazione del fatto che Beta detiene una partecipazione di minoranza in Alfa Italia (26,05%) che, se singolarmente considerata, non permette di integrare una partecipazione di controllo in capo a Alfa2 Francia. Ne consegue che il conferimento di Beta non è in grado di contribuire in modo determinante al trasferimento del controllo.

Su tali basi, dunque, l’Agenzia delle entrate conclude affermando che l’operazione simultanea descritta non poteva beneficiare del regime di neutralità ex art. 179, co. 4 del TUIR, in considerazione del fatto che il requisito del controllo del soggetto conferito è trasferito a Alfa2 Francia, unicamente, attraverso il conferimento  della  quota partecipativa  posseduta  da  Alfa  Francia,  soggetto  non residente. Appare irrilevante, difatti, la circostanza che tale partecipazione di controllo sia trasferita mediante un atto di conferimento con il quale viene contestualmente trasferita anche la quota di partecipazione detenuta dalla società residente Beta, atteso che tale quota costituisce una partecipazione di minoranza che non permetterebbe di integrare una partecipazione di controllo nella società conferita in capo a Alfa2 Francia.

Conclude, dunque, l’Agenzia delle entrate che ai fini dell’applicazione del regime di neutralità ex art. 179, co. 4 del TUIR il trasferimento del controllo deve essere effettivamente riconducibile anche al conferente residente e non solo a quello estero. In assenza di tale requisito l’operazione non beneficia del regime agevolato.

REDDITI DI IMPRESA

  1.   Trattamento fiscale della riserva da rivalutazione a copertura di perdite riportate a nuovo (risposta ad interpello dell’Agenzia delle entrate 21 agosto 2025, n. 219)

Con la risposta ad interpello 21 agosto 2025, n. 219, l’Agenzia delle entrate ha fornito indicazioni in tema di riserve in sospensione e utilizzo di una riserva da rivalutazione in sospensione di imposta a copertura di perdite riportate a nuovo e riduzione della stessa in misura corrispondente con deliberazione dell’assemblea straordinaria.

  A livello normativo, l’art. 13 della Legge n. 342 del 2000, richiamato anche dalle successive di leggi di rivalutazione (tra cui l’art. 15 del D.L. 185 del 2008), stabilisce che il saldo attivo risultante dalle rivalutazioni deve essere imputato al capitale ovvero accantonato in una speciale riserva designata, con esclusione di ogni diversa utilizzazione. A ciò si aggiunga che, nel caso in cui detto saldo attivo fosse attribuito ai soci o ai partecipanti mediante riduzione della riserva ovvero mediante riduzione del capitale sociale o del fondo di dotazione o del fondo patrimoniale, le somme attribuite ai soci o ai partecipanti, aumentate dell’imposta sostitutiva corrispondente all’ammontare distribuito, concorrono alla formazione del reddito imponibile della società o dell’ente e del reddito imponibile dei soci o dei partecipanti.

  Inoltre, in base a quanto previsto da comma 2 del citato art. 13, la suddetta riserva – ove non venga imputata al capitale – può essere ridotta solo in conformità a quanto disposto dai commi 2 e 3 dell’art. 2445 c.c. Tale disposizione non trova, invece, in caso di utilizzo della riserva per la copertura delle perdite. A tal fine, l’Amministrazione finanziaria sottolinea che, in quest’ultima fattispecie tuttavia non si potrà procedere alla distribuzione di utili fino a quando la riserva stessa non venga interamente reintegrata ovvero ridotta in misura corrispondente all’importo utilizzato mediante deliberazione dell’assemblea straordinaria (cfr. circolare 16 novembre 2000, n. 207/E).

  Tanto premesso, l’Agenzia delle entrate conclude affermando che, dal punto di vista fiscale, il saldo attivo si configura quale riserva in sospensione d’imposta, la cui tassazione dipende dalla distribuzione ai soci o dalla devoluzione della stessa all’esterno dell’impresa. Su tali basi, dunque, l’utilizzo del saldo attività da rivalutazione a copertura delle perdite riportate a nuovo non assume rilevanza ai fini della tassazione del saldo attivo di rivalutazione, ciò in quanto non si determina alcun effetto distributivo nei confronti di soci e/o di partecipanti. Da ultimo viene evidenziato che, laddove la riserva di rivalutazione utilizzata a copertura delle perdite riportate a nuovo sia successivamente ridotta in misura corrispondente con deliberazione dell’assemblea straordinaria, a livello fiscale, verrebbe meno il vincolo di sospensione per il medesimo ammontare.

  1.   Trattamento fiscale delle quote di partecipazione delle società di investimento a capitale variabile – SICAV (risposta ad interpello dell’Agenzia delle entrate 21 agosto 2025, n. 222).

Con la risposta ad interpello 21 agosto 2025, n. 222, l’Agenzia delle entrate ha illustrato il trattamento fiscale delle quote di partecipazione delle società di investimento a capitale variabile (SICAV), iscritte tra le attività finanziarie dell’attivo circolante. In particolare, l’Amministrazione finanziaria si è pronunciata in merito alla possibilità di classificare, ai fini fiscali, le quote di partecipazione delle SICAV come «altri titoli in serie o di massa diversi da…» di cui alla lett. e), co. 1, dell’art. 85 del TUIR e, dunque, di applicare la relativa disciplina tributaria (di cui agli artt. 94, co. 4 e 92, co. 5 del TUIR).

 A tal fine, l’Amministrazione finanziaria osserva che, ai fini delle imposte sui redditi, il comma 2 dell’art. 44 del TUIR dispone che si considerano similari alle azioni:

(i)               «i titoli e gli strumenti finanziari emessi da società ed enti di cui all’articolo 73, comma 1, lettere a), b) e d)», la cui remunerazione sia costituita totalmente dalla partecipazione ai risultati economici della società emittente o di altre società appartenenti allo stesso gruppo ovvero dell’affare, in relazione al quale i titoli e gli strumenti finanziari sono stati emessi;

(ii)              i titoli di massa che contengono l’obbligazione incondizionata di pagare alla scadenza una somma non inferiore a quella in essi indicata, con o senza la corresponsione di proventi periodici, e che non attribuiscono ai possessori alcun diritto di partecipazione diretta o indiretta alla gestione dell’impresa emittente o dell’affare in relazione al quale siano stati emessi, né di controllo sulla gestione stessa.

La previsione sopradescritta deve, tuttavia, interpretarsi tenendo conto anche di quanto disposto dall’art. 109, co. 9, lett. a) del TUIR. Più nello specifico, il citato articolo dispone che non assume rilevanza fiscale ogni tipo di remunerazione dovuta sui titoli e strumenti finanziari, comunque denominati di cui all’art. 44, per la quota di essa che direttamente o indirettamente comporti la partecipazione ai risultati economici della società emittente o di altre società appartenenti allo stesso gruppo o dell’affare in relazione al quale gli strumenti finanziari siano stati emessi.

L’Amministrazione finanziaria si sofferma poi sulla la distinzione degli strumenti finanziari tra equity (i.e. azioni e titoli similari) e passività (i.e. obbligazioni e titoli similari), già oggetto di trattazione nella risoluzione n. 30/E del 2019. Nello specifico, la differenza risiede:

(i)               in primo luogo, sulla circostanza che la relativa remunerazione sia costituita totalmente dalla partecipazione ai risultati economici della società emittente (o di altra società del gruppo). Si tratta di un requisito sufficiente per classificare lo strumento finanziario come titolo azionario o similare;

(ii)              In secondo luogo, sull’esistenza di una obbligazione incondizionata di pagare alla scadenza una somma non inferiore a quella in essi indicata e sull’assenza di diritti di partecipazione alla gestione dell’impresa; elementi questi che individuano uno strumento finanziario similare al titolo obbligazionario.

Con riferimento al trattamento fiscale applicabile alle SICAV, l’Agenzia delle entrate – richiamando un proprio precedente documento di prassi – ricorda che a tali enti si applica il regime tributario degli OICR con sede in Italia, con esclusione dei fondi immobiliare di cui all’art. 73, comma 5-quinquies, del TUIR (cfr. Circolare 15 luglio 2011, n. 33/E). A ciò si aggiunga che, con la circolare 4 agosto 2004, n. 26, nell’escludere dal regime PEX le quote dei fondi comuni di investimento mobiliare, anche se iscritte tra le immobilizzazioni finanziarie, in quanto non rientranti tra le “azioni e quote di partecipazione in società ed enti” è stato precisato che, il regime di esenzione non trova applicazione anche  le quote di partecipazione nelle SICAV, in quanto equiparate ai fini fiscali ai fondi comuni di investimento.

Da ultimo, in merito ai criteri di valutazione fiscale delle partecipazioni in fondi comuni di investimento è stato chiarito che si deve fare riferimento alle disposizioni e ai criteri utilizzati per i titoli in serie o di massa (C.M. n. 165/E del 1998 e n. 207/E del 1999). In particolare, tali fondi rappresentano uno strumento finanziario distinto dalle partecipazioni e sono da considerare assimilati ai titoli in serie o di massa non aventi natura partecipativa.

Su tali basi, l’Agenzia delle entrate conclude affermando che per effetto dell’equiparazione delle quote di partecipazione alla SICAV a quelle dei fondi comuni di investimento e, conseguentemente, ai titoli in serie o di massa, trovano applicazione le disposizioni di cui agli articoli 94, comma 4, e 92, comma 5, del TUIR.

  1.   Riflessi fiscali del concordato preventivo in continuità aziendale di società scissa con branch in regime BEX (risposta ad interpello dell’Agenzia delle entrate 21 agosto 2025, n. 221)

Con la risposta ad interpello 21 agosto 2025, n. 221, l’Agenzia delle entrate ha affrontato il tema del concordato preventivo in continuità aziendale di società scissa con branch in regime BEX.

In via preliminare si evidenzia che, ai sensi dell’art. 168-ter del TUIR (così come modificato dall’art. 5, co. 2, lett. h) del D.Lgs. n. 142 del 2018), disciplinante il regime opzione della c.d. branch exemption, è prevista la possibilità per l’impresa residente in Italia di non computare, ai fini della determinazione del suo reddito complessi, gli utili e le perdite realizzate dalle proprie stabili organizzazioni estere (c.d. branch). Si tratta di un regime opzione che consente di porre rimedio alla doppia imposizione, determinando una sospensione della potestà impositiva in favore della tassazione della branch nello Stato estero, ove la stessa è localizzazione.

Ciò posto, l’Amministrazione finanziaria evidenzia che, in caso di operazioni straordinarie, non si determina l’interruzione del regime di branch exemption. Ciò a condizione che, l’incorporante, la società risultante dalla fusione, il conferitario o il beneficiario sia già in regime di branch exemption ovvero scelga di esercitare l’opzione nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta di efficacia giuridica dell’operazione straordinaria. Ebbene, in tali casi, l’avente causa subentra nel regime di branch exemption ed assume le attività e le passività della stabile organizzazione esente, sulla base di funzioni e rischi ad essa connessi, all’ultimo valore fiscale che avevano presso l’incorporata, la società partecipante alla fusione, la conferente ovvero la scissa (cfr. provvedimento BEX).

Ai sensi dell’art. 168-ter, comma 6, del TUIR, l’ingresso nel regime di branch exemption non determina in sé alcun realizzo di plusvalenze o minusvalenze, laddove al momento del trasferimento i beni oggetto dello scambio non siano stati valorizzati in capo alla medesima branch in base al valore di libera concorrenza; gli stessi, se ancora esistenti, assumono presso la branch esente un costo fiscale pari al valore di libera concorrenza al momento del trasferimento, al netto degli ammortamenti.

Per quanto riguarda la determinazione del reddito delle stabili organizzazioni in regime di branch exemption, l’Agenzia delle entrate richiama il provvedimento BEX (punto 7.4.). Tale documento chiarisce che, al risultato economico determinato per ciascuna branch, sulla base del rendiconto economico e patrimoniale redatto secondo i criteri di cui all’art 152 del TUIR, vanno apportante le variazioni in aumento e in diminuzione relative alla singola branch previste dalle disposizioni in materia di reddito di impresa per i soggetti residenti nel territorio dello Stato. Tale risultato deve essere indicato separatamente nella dichiarazione dei redditi dell’impresa. Laddove emerga una perdita fiscale, questa va sommata al reddito imponibile ovvero sottratta alla perdita fiscale dell’impresa nel complesso.

L’Agenzia delle entrate, infine, richiama il meccanismo di recapture delle perdite pregresse all’ingresso nel regime BEX (cfr. punto 4.1. del Provvedimento BEX.  Più nel dettaglio, se nei cinque periodi di imposta antecedenti a quello di efficacia dell’opzione, la stabile organizzazione ha conseguito perdite fiscale imputate all’impresa, i redditi realizzati da detta stabile organizzazione in regime di branch exemption partecipano alla formazione del reddito imponibile di casa madre fino a concorrenza delle perdite fiscali nette pregresse prodotte dalla medesima stabile organizzazione. Le eventuali perdite fiscali conseguite dalla stessa branch in vigenza dell’opzione non hanno alcuna rilevanza. Su tali basi, dunque, in caso di cessazione dell’opzione resta fermo il valore fiscale degli asset corrispondenti alle funzioni e rischi dalla branch (non più esente). Conseguentemente, a partire da tale periodo di imposta, non sarà più necessario determinare, ai fini dell’imposizione domestica, il reddito prodotto dalla branch localizzata all’estero.

  1.   Disciplina fiscale applicabile ai fini IRES e IRAP a un soggetto residente che redige il bilancio secondo i principi contabili internazionali (risposta ad interpello dell’Agenzia delle entrate 21 agosto 2025, n. 220)

Con la risposta ad interpello 21 agosto 2025, n. 220, l’Agenzia delle entrate ha illustrato la disciplina fiscale applicabile ai fini IRES e IRAP a un soggetto residente che redige il bilancio secondo la “Combination 3” di cui al codice civile olandese.

In primo luogo, l’Amministrazione finanziaria ha illustrato quanto previsto dall’art. 83, co. 1, del TUIR, a mente del quale il reddito di impresa è determinato apportando all’utile ovvero alla perdita risultante dal conto economico le variazioni fiscali determinate dalla normativa tributaria. Si tratta del c.d. principio di derivazione in forza del quale il reddito imponibile è derivato dal risultato di conto economico. Il successivo terzo periodo del citato art. 83, comma 1, dispone tuttavia che i soggetti che redigono il bilancio (i) in base ai principi contabili internazionali (soggetti IAS adopter) ovvero (ii) secondo le disposizioni del codice civile (soggetti OIC adopter) – ad eccezione delle microimprese che non optano per la redazione del bilancio in forma ordinaria – applicano il principio di derivazione rafforzata. Per tali soggetti, dunque, ai fini della determinazione del reddito imponibile IRES, assume rilevanza la rappresentazione contabile così come regolamentata dai rispettivi principi contabili, anche in deroga alle disposizioni fiscali.

In linea di principio, dunque, laddove la società adotti principi contabili non armonizzati ai principi IAS/IFRS, questa è tenuta a determinare il reddito sulla base del generale principio di derivazione semplice di cui al primo periodo di cui all’art. 83, co. 1, del TUIR. Ciò in quanto non è consentita la possibilità di adottare le norme del TUIR previste per i soggetti residenti IAS/IFRS adopter.

Sul punto, tuttavia, l’Amministrazione finanziaria evidenzia che in merito alla disciplina delle CFC di cui all’art. 167 del TUIR, la Circolare n. 18 del 2021 ha precisato che, quando il bilancio estero è redatto secondo i principi contabili internazionali, il reddito della controllata estera imponibile in Italia va determinato applicando le disposizioni fiscali italiane previste per i soggetti IAS/IFRS adopter. Il principio della derivazione rafforzata trova, dunque, applicazione anche per le CFC che redigono il bilancio di esercizio in base alla direttiva 2013/34/UE, in conformità a quanto avviene per i c.d. soggettivo nuovi OIC. Diversamente, quando il bilancio di esercizio della controllata estera è redatto secondo principi contabili diversi dai precedenti, il reddito della società controllata imponibile in Italia va determinato secondo le disposizioni fiscali italiane.

Applicando, dunque, il principio sopradescritto, l’Agenzia delle entrate conclude che è possibile determinare il reddito imponibile ai fini IRES secondo le disposizioni previste per i soggetti IAS Adopter a condizione che:

(i)               i criteri di redazione del bilancio d’esercizio, come previsti dalla Combination 3, siano sostanzialmente equivalenti a quelli dei principi contabili internazionali utilizzati per la redazione del bilancio consolidato del gruppo, e conformi al regolamento (CE) n. 1606/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 luglio 2002;

(ii)              sia redatto, partendo dal bilancio di verifica IAS/IFRS compliant ricavabile dalle scritture obbligatorie, un rendiconto (avente data certa) con una rappresentazione delle operazioni aziendali economico-patrimoniale armonizzata e riconciliata rispetto alle norme contabili recante dal citato Regolamento (CE).

In assenza delle predette condizioni, non essendo possibile garantire un’informativa equivalente ad un bilancio o rendiconto armonizzati alla rappresentazione IAS/IFRS compliant prevista per i soggetti residenti dal D.Lgs. n. 38/2005 troverebbe applicazione il principio di derivazione semplice di cui all’art. 83, co. 1, primo periodo del TUIR.

Al ricorrere delle suddette condizioni, anche ai fini IRAP, opererà il principio di presa diretta sulla base del conto economico riclassificato ex artt. 5, co. 1 e 2, e 6, co. 9 del D.Lgs. n. 446 del 1997.

  1.   Global minimum tax: approvato il modello di notifica per l’individuazione del soggetto tenuto a presentare la comunicazione di cui all’art. 3, del D.M. 25 febbraio 2025 (provvedimento dell’Agenzia delle entrate 7 agosto 2025, n. 321488)

Con provvedimento dell’Agenzia delle entrate 7 agosto 2025, n. 321488 è stato approvato il modello per la notifica per l’individuazione del soggetto tenuto a presentare la comunicazione rilevante, di cui all’articolo 3 del D.M. 25 febbraio 2025. A tal proposito, si segnala che la citata comunicazione rilevante costituisce il modello di comunicazione contenente le informazioni generali sul gruppo e i dati necessari per determinare l’imposizione integrativa dovuta dal gruppo in relazione ai diversi paesi a bassa imposizione in cui questo opera. Ai sensi dell’art. 2, co. 1 del D.M. 25 febbraio 2025, le imprese localizzate nel territorio italiano e le entità apolidi, costituite in base alla legge italiana e rientranti nell’ambito applicativo della Global Minimum Tax, sono esonerate dall’obbligo di presentare la Comunicazione se individuano un’impresa locale designata che la presenti per loro conto.

Il «modello di notifica», dunque, costituisce lo strumento con cui i sopramenzionati soggetti informano il Fisco il soggetto tenuto a presente la comunicazione rilevante di cui al citato art. 3.

A livello operativo, il modello deve essere trasmesso all’Amministrazione finanziaria esclusivamente in via telematica (direttamente o per il tramite di un intermediario abilitato) entro:

(i)               il quindicesimo mese successivo all’ultimo giorno dell’esercizio al quale la comunicazione rilevante si riferisce;

(ii)              in deroga, entro il dodicesimo mese successivo all’ultimo giorno dell’esercizio transitorio.

Indipendentemente dall’inizio e dalla durata dell’esercizio, il termine per l’invio del modello non può essere anteriore al 30 giugno 2026.

Il medesimo modello può essere, altresì, utilizzato per modificare i dati di un modello precedentemente trasmesso, annullare gli effetti di una notifica già trasmessa, ovvero revocare la scelta effettuata in esercizi precedenti dai predetti soggetti.

TCF

  1.       TCF: pubblicate le linee guida per la compilazione della mappa dei rischi fiscali derivanti dai principi contabili applicati dal contribuente (provvedimento dell’Agenzia delle entrate 7 agosto 2025, n. 311934)

Lo scorso 7 agosto, con provvedimento dell’Agenzia delle entrate n. 321934 sono state pubblicate le linee guida per la predisposizione di un efficace sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale.

Nello specifico, con il provvedimento in commento, l’Amministrazione finanziaria ha approvato specifiche istruzioni, ad integrazione delle linee guida, e che si compongono dei seguenti documenti:

(i)               Recesso anticipato da un contratto di commodity swap: trattamento

contabile e fiscale;

(ii)              “Trattamento contabile, ai fini delle imposte sui redditi, del corrispettivo per la concessione del diritto di superficie”;

(iii)            “Emissione e chiusura di un prestito obbligazionario convertibile a tasso zero: trattamento contabile e fiscale”.

Si tratta di istruzioni che potranno essere oggetto di aggiornamento/integrazione periodica, anche mediante l’allegazione di ulteriori e diversi casistiche in ordine alla mappatura dei rischi fiscali derivanti dai principi contabili applicati dal contribuente.

  1.       TCF: pubblicate le linee guida relative al settore assicurativo (provvedimento dell’Agenzia delle entrate 7 agosto 2025, n. 321940)

Lo scorso 7 agosto, con provvedimento dell’Agenzia delle entrate n. 321940 ha approvato le linee guida per la compilazione della mappa dei rischi e dei controlli fiscale delle imprese appartenenti al settore assicurativo, tenute alla predisposizione di un sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale. Le linee guida sono rivolte ai soggetti che hanno già aderito al regime di adempimento collaborativo ovvero che hanno presentato domanda entro l’8 gennaio 2024. Al riguardo, la mappa individua 126 codici identificativi di rischi tipici delle imprese del settore assicurativo, associati alle correlate attività e sotto-attività.

Con riferimento alla certificazione del sistema di controllo viene rammentato che, in merito alla mappa dei rischi e dei controlli fiscali, la stessa dovrà attestare non solo che la mappa sia stata redatta secondo il format e lo standard declinato nelle stesse linee guida, ma anche che la medesima contenga tutte le informazioni rilevanti. Su tali basi, il certificatore dovrà accertare che i rischi fiscali della società o del gruppo (in caso di TCF di Gruppo integrato) siano stati adeguatamente mappati e integrare eventuali carenze informative contenute nella descrizione die processi, attività e sotto-attività.

NOVITÀ IN MATERIA DI IVA

  1.       Agenzia delle entrate, Risposta a interpello n. 193 del 24 luglio 2025

La stabile organizzazione italiana di un soggetto passivo non residente rileva, ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, quale centro di imputazione soggettiva delle operazioni attive e passive nelle quali il suo intervento presenti carattere qualificante, secondo i criteri desumibili dall’articolo 192-bis della direttiva 2006/112/CE e dall’articolo 53 del regolamento (UE) n. 282/2011.

L’intervento si considera qualificante allorché i mezzi umani e tecnici della stabile organizzazione siano impiegati, prima o durante la realizzazione della cessione di beni, per attività autonome di promozione e conclusione dei rapporti contrattuali, pianificazione e realizzazione delle campagne di marketing, gestione delle fasi pre e post-vendita e determinazione dei corrispettivi. In tali ipotesi la stabile organizzazione è tenuta all’integrazione e registrazione delle fatture della Casa madre mediante il meccanismo dell’inversione contabile, nonché all’emissione di fatture elettroniche nei confronti degli acquirenti nazionali e alla compilazione degli elenchi Intrastat.

Restano, invece, imputabili direttamente alla Casa madre le operazioni di acquisto e importazione nelle quali la stabile organizzazione si limiti ad attività meramente valutative o di supporto, prive di incidenza negoziale o esecutiva: tali operazioni devono essere annotate in registri sezionali separati e confluiscono in un apposito modulo della dichiarazione annuale IVA.

  1.       Agenzia delle entrate, Risposta a interpello n. 200 del 4 agosto 2025

Il plafond IVA, determinato ai sensi dell’articolo 8, comma 1, lett. c), DPR 633/1972, costituisce il limite entro cui l’esportatore abituale può effettuare acquisti e importazioni senza applicazione dell’imposta.

Il suo trasferimento all’avente causa, in caso di cessione o conferimento di azienda o di ramo, è ammesso solo quando ricorrano la continuità dell’attività trasferita e il subentro nei rapporti giuridici attivi e passivi, secondo l’interpretazione consolidata nelle risoluzioni nn. 165/E, 417/E del 2008 e 124/E del 2011.

Nelle fattispecie che coinvolgono tre soggetti – dante causa nazionale, intermedio estero e avente causa finale – il plafond deve essere previamente trasferito dal primo al secondo e solo successivamente dal secondo al terzo. In mancanza di tale passaggio, e in difetto di espressa previsione contrattuale e di comunicazione all’ufficio competente, il plafond non può essere trasferito e resta in capo al cedente originario.

Il trasferimento è comunque escluso quando il soggetto estero non sia identificato ai fini IVA (direttamente o a mezzo di un rappresentante fiscale) nel territorio dello Stato.

  1.       Agenzia delle entrate, Risposta a interpello n. 201 del 5 agosto 2025

L’articolo 10, primo comma, n. 20), DPR 633/1972, sulla base dell’articolo 132, par. 1, lett. i), direttiva 2006/112/CE, esenta dal pagamento dell’IVA le prestazioni educative e didattiche, comprese la formazione, l’aggiornamento, la riqualificazione e la riconversione professionale, rese da istituti o scuole riconosciuti da pubbliche amministrazioni e da enti del Terzo settore di natura non commerciale.

Ai fini dell’applicazione dell’esenzione devono coesistere due requisiti: il riconoscimento pubblico dell’ente erogatore (requisito soggettivo) e la natura educativa o didattica della prestazione (requisito oggettivo).

La circostanza che l’ente sia accreditato presso il Ministero dell’istruzione, una Regione o Accredia soddisfa il primo requisito, ma non è sufficiente a integrare il secondo. Le certificazioni di competenze digitali rilasciate senza un percorso formativo o attività educativa/formativa collegato/a non integrano il requisito oggettivo richiesto ai fini dell’applicazione dell’ipotesi di esenzione IVA in esame.

  1.       Agenzia delle entrate, Risposta a interpello n. 210 del 19 agosto 2025

La cessione a titolo oneroso di un marchio, unitamente ai diritti di proprietà intellettuale ad esso collegati, non integra trasferimento di azienda o di ramo d’azienda ai sensi dell’articolo 2, comma 3, lett. b), DPR 633/1972, in quanto non comporta il passaggio di un complesso di beni e rapporti idoneo a consentire la prosecuzione autonoma di un’attività economica. La mera alienazione di elementi patrimoniali isolati non realizza l’universalità (totale o parziale) di beni richiesta dall’articolo 19 della direttiva 2006/112/CE e dall’articolo 2555 c.c. per la nozione di azienda.

In tali ipotesi, la cessione del marchio e dei diritti IP collegati si qualifica come prestazione di servizi ai sensi dell’articolo 3, comma 2, n. 2, DPR 633/1972 ed è soggetta a IVA. In applicazione del principio di alternatività tra IVA e imposta di registro di cui all’articolo 40 TUR, l’imposta di registro si applica in misura fissa pari a euro 200, ai sensi dell’articolo 11 della Tariffa, Parte I, allegata al TUR.

  1.       Agenzia delle entrate, Risposta a interpello n. 211 del 19 agosto 2025

La costituzione di un Gruppo IVA richiede la sussistenza di vincoli finanziario, economico e organizzativo fra soggetti stabiliti nel territorio dello Stato (artt. 70-bis e 70-ter, d.p.r. 633/1972). Il vincolo finanziario si considera integrato quando esiste un controllo di diritto ai sensi dell’articolo 2359, comma 1, n. 1), c.c., detenuto almeno dal 1° luglio dell’anno precedente l’efficacia dell’opzione.

La presenza di una società estera intermedia nella catena di controllo impedisce di attrarre nel perimetro del Gruppo IVA già esistente le società italiane controllate indirettamente, poiché manca il rapporto di controllo diretto richiesto dalla norma.

È tuttavia legittima la costituzione di un distinto Gruppo IVA tra la sede secondaria italiana di una società estera e la società italiana da essa integralmente posseduta, essendo la sede secondaria una mera promanazione della casa madre estera.

Ai fini della verifica del c.d. “holding period” rileva la data di iscrizione nel registro delle imprese dell’atto di trasferimento delle partecipazioni che conferiscono il controllo; non assume rilievo la successiva iscrizione della sede secondaria nel registro delle imprese. Pertanto, quando la partecipazione totalitaria sia stata acquisita ed iscritta anteriormente al 1° luglio dell’anno precedente, l’opzione per la costituzione del nuovo Gruppo IVA è valida ed efficace dal 1° gennaio successivo.

  1.       Agenzia delle entrate, Risposta a interpello n. 212 del 19 agosto 2025

L’aliquota IVA del 4 per cento prevista dal n. 41-ter della Tabella A, parte II, DPR 633/1972 si applica solo alle prestazioni di servizi derivanti da contratti di appalto aventi a oggetto opere conformi al D.M. 236/1989, finalizzate al superamento o all’eliminazione delle barriere architettoniche.

La fornitura di infissi con posa in opera costituisce invece cessione di beni, poiché prevale l’obbligazione di dare e l’attività di posa non realizza un quid novi rispetto al bene ceduto. Anche se gli infissi rispettano i requisiti tecnici del D.M. 236/1989, l’operazione resta esclusa dal regime agevolato.

  1.       Agenzia delle entrate, Risposta a interpello n. 213 del 19 agosto 2025

Nel caso di importazione di principi attivi farmaceutici forniti gratuitamente da un committente estero, l’IVA assolta in dogana dall’importatore può essere portata in detrazione se le relative spese restano effettivamente a suo carico e risultano incorporate nel prezzo delle cessioni del prodotto finito. L’Amministrazione finanziaria conserva il potere di verificare, in concreto, la sussistenza dei presupposti che legittimano l’esercizio del diritto di cui all’art. 19, comma 1, DPR 633/1972.

  1.       Agenzia delle entrate, Risposta a interpello n. 214 del 19 agosto 2025

Gli aggiustamenti periodici previsti dai contratti di distribuzione internazionale, destinati ad adeguare i margini al principio di libera concorrenza, rilevano ai fini IVA quando si configurano come rettifica dei corrispettivi delle cessioni originarie. Se il contratto prevede espressamente prezzi provvisori e la possibilità di transfer pricing adjustments, e le note di variazione sono supportate da documentazione analitica (elenco delle fatture e breakdown), tali variazioni — in aumento o in diminuzione — devono essere assoggettate a IVA ai sensi degli artt. 13 e 26 del DPR 633/1972, applicando le regole ordinarie di integrazione o autofatturazione.

  1.       Agenzia delle entrate, Risposta a interpello n. 215 del 19 agosto 2025

Le somme corrisposte all’appaltatore a titolo di indennizzo per i maggiori oneri sostenuti a causa di sospensioni e ritardi imputabili alla stazione appaltante non hanno natura risarcitoria, ma integrano il corrispettivo dell’appalto. Esse devono quindi essere assoggettate a IVA, ai sensi degli artt. 3 e 13 DPR 633/1972, anche se liquidate dal giudice come “danni”. Non trovano applicazione le esclusioni dell’art. 15 DPR 633/1972, trattandosi di importi strettamente collegati alla prestazione contrattuale comunque eseguita.

  1.       Agenzia delle entrate, Risposta a interpello n. 216 del 19 agosto 2025

Le prestazioni di servizi rese tra una stabile organizzazione situata in Italia e una stabile organizzazione situata in un Paese terzo (nel caso di specie il Regno Unito), facenti capo a una medesima casa madre estera, sono rilevanti ai fini IVA qualora la casa madre partecipi ad un Gruppo IVA costituito in un Paese UE.

In tale ipotesi, infatti, l’appartenenza della casa madre al Gruppo IVA europeo spezza il vincolo di unitarietà soggettiva che normalmente caratterizza i rapporti interni tra casa madre e branch (principio affermato nella sentenza FCE Bank, causa C-210/04). Di conseguenza, la stabile organizzazione e la casa madre (nonché le altre branch) assumono la veste di soggetti passivi distinti rispetto al Gruppo IVA, con applicazione dei principi affermati dalla Corte di giustizia nella sentenza Skandia (C-7/13) e successivamente confermati nella sentenza Danske Bank (C-812/19).

  1.       Agenzia delle entrate, Risposta a interpello n. 229 del 3 settembre 2025

Le visite guidate alla miniera e al parco speleologico, riconducibili a siti autorizzati dalla Regione per la valorizzazione del patrimonio minerario dismesso, presentano carattere culturale e rientrano nel regime di esenzione IVA di cui all’articolo 10, comma 1, n. 22), DPR 633/1972.

L’esenzione si estende ai servizi accessori (infopoint, guide, dispositivi di sicurezza, parcheggi) in quanto strettamente connessi alla visita. Diversamente, attività connotate da prevalente dimensione ricreativa (es. la traversata del ponte tibetano) non rientrano nell’ambito oggettivo dell’esenzione e i relativi corrispettivi sono imponibili IVA. Per tutte le attività, comprese quelle esenti, i corrispettivi devono essere certificati mediante titoli di accesso ai sensi dell’articolo 74-quater DPR 633/1972.

  1.       Agenzia delle entrate, Risposta a interpello n. 231 dell’8 settembre 2025

La cessione di un fabbricato strumentale, anche se assoggettata a IVA per opzione, non rileva nel calcolo della percentuale di detrazione prevista dall’articolo 19-bis, comma 2, DPR 633/1972.

L’operazione ha carattere occasionale in quanto l’ente non esercita in via professionale attività di compravendita immobiliare. L’esclusione dal pro-rata risponde all’esigenza di evitare che operazioni non riconducibili all’attività ordinaria alterino il significato della percentuale di detrazione, che deve riflettere l’effettiva composizione delle attività esercitate.

La riclassificazione del bene nell’attivo circolante al momento della decisione di dismissione non incide su questa conclusione: la natura originaria di immobilizzazione strumentale resta determinante nel qualificare la cessione come evento estraneo all’attività tipica e, pertanto, irrilevante ai fini del pro-rata.

  1.       Agenzia delle entrate, Risposta a interpello n. 232 dell’8 settembre 2025

La vendita forzata di un complesso immobiliare aziendale pignorato, anche dopo il decesso dell’imprenditore, rientra nel campo IVA quando il bene resta nella sfera d’impresa e l’esecutato mantiene la soggettività passiva.

Il pignoramento non estromette il fabbricato dal patrimonio aziendale, che resta in capo al debitore o agli eredi fino al decreto di trasferimento. La cessione in sede esecutiva configura quindi un’operazione d’impresa soggetta a IVA, di regola in esenzione ai sensi dell’articolo 10, comma 8-ter, DPR 633/1972. L’imponibilità è ammessa solo se esercitata l’opzione nell’atto, con applicazione del reverse charge ex articolo 17, comma 6, lett. a-bis.

Il momento impositivo coincide con il pagamento del prezzo di aggiudicazione, che rappresenta il corrispettivo da assoggettare a IVA. L’effetto traslativo non si realizza al momento dell’aggiudicazione ma con il decreto del giudice dell’esecuzione.

La fattura deve essere emessa dal professionista delegato in nome e per conto del debitore esecutato, indicando nel file elettronico la funzione di “soggetto terzo”.

  1.       Corte di Giustizia dell’Unione europea, sentenza del 10 luglio 2025 nella causa C-276/24

L’articolo 205 della direttiva IVA, come modificata dalla direttiva (UE) 2018/1695 del Consiglio, del 6 novembre 2018, letto alla luce del principio di proporzionalità, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una prassi nazionale che impone al soggetto passivo, destinatario di una cessione di beni effettuata a titolo oneroso, un obbligo solidale di versare l’imposta sul valore aggiunto (IVA) dovuta dal fornitore di tali beni, anche qualora il diritto alla detrazione dell’IVA dovuta o assolta a monte sia stato negato al destinatario di tale cessione di beni per il motivo che esso sapeva o avrebbe dovuto sapere di partecipare a una frode in materia di IVA.

  1.       Corte di Giustizia dell’Unione europea, sentenza del 1° agosto 2025 nella causa C-427/23

1)      L’articolo 1, paragrafo 2, l’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), e l’articolo 78 della direttiva IVA devono essere interpretati nel senso che un’attività di gestione delle pratiche di rimborso dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) che acquirenti non residenti nell’Unione europea hanno pagato al momento dell’acquisto di beni da essi successivamente trasportati al di fuori dell’Unione costituisce una prestazione di servizi distinta e indipendente dalla cessione di beni esente corrispondente e deve, in quanto tale, essere assoggettata all’IVA. Una siffatta prestazione di servizi non rientra nell’esenzione prevista all’articolo 146, paragrafo 1, lettera e), di tale direttiva.

2)      L’articolo 135, paragrafo 1, lettera d), della direttiva IVA deve essere interpretato nel senso che un’attività di gestione delle pratiche di rimborso dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) che acquirenti non residenti nell’Unione hanno pagato al momento dell’acquisto di beni da essi successivamente trasportati al di fuori dell’Unione non rientra tra le operazioni esenti di cui a tale disposizione.

3)      Il principio di tutela del legittimo affidamento deve essere interpretato nel senso che non osta a che l’amministrazione tributaria assoggetti a posteriori all’imposta sul valore aggiunto (IVA) talune prestazioni di servizi, nel caso in cui tale amministrazione abbia controllato e accettato per diversi anni le dichiarazioni IVA del soggetto passivo senza contestare la qualificazione di tali prestazioni come prestazioni esenti da IVA e non abbia informato tale soggetto passivo del cambiamento intervenuto nella normativa nazionale in vigore che, nella sua versione precedente, menzionava espressamente dette prestazioni tra le attività esenti dall’IVA. In tale contesto, è irrilevante il fatto che, a seguito di una domanda di parere presentata ai sensi della normativa nazionale in vigore, il soggetto passivo abbia ricevuto una risposta «ex post» e non vincolante da parte dell’amministrazione tributaria secondo la quale le stesse prestazioni dovevano essere considerate come spese accessorie ad una cessione di beni esente soggetta allo stesso trattamento dell’operazione principale quanto al regime di esenzione dall’IVA.

4)      Gli articoli 73 e 78 della direttiva IVA devono essere interpretati nel senso che ostano alla prassi dell’amministrazione tributaria di uno Stato membro consistente nel ritenere che gli importi fatturati come corrispettivo di un servizio di gestione delle pratiche di rimborso dell’imposta sul valore aggiunto (IVA), vale a dire le commissioni di gestione, siano importi netti, che non includono l’IVA nel caso in cui il fornitore abbia considerato esente la sua prestazione e gli sia manifestamente impossibile recuperare a posteriori dagli acquirenti di beni esenti da IVA l’importo dell’IVA reclamato dall’amministrazione tributaria.

  1.       Corte di Giustizia dell’Unione europea, sentenza del 1° agosto 2025 nella causa C-794/23

1)      L’articolo 203 della direttiva IVA, come modificata dalla direttiva (UE) 2018/1695 del Consiglio, del 6 novembre 2018, deve essere interpretato nel senso che un soggetto passivo che ha fornito una prestazione e indicato nella sua fattura un importo di imposta sul valore aggiunto (IVA) calcolato a un’aliquota errata non è debitore della parte dell’IVA che è stata erroneamente fatturata a una persona che non è soggetto passivo, anche se detto soggetto passivo ha parimenti fornito prestazioni della stessa natura ad altri soggetti passivi.

2)      La direttiva IVA, come modificata dalla direttiva 2018/1695, deve essere interpretata nel senso che occorre qualificare come «consumatori finali non legittimati alla detrazione dell’[imposta sul valore aggiunto (IVA)] pagata a monte», ai sensi della sentenza dell’8 dicembre 2022, Finanzamt Österreich (IVA erroneamente fatturata a consumatori finali) (C‑378/21, EU:C:2022:968), unicamente persone che non sono soggetti passivi. Pertanto, non rientrano in detta nozione soggetti passivi che, in una determinata situazione, non hanno il diritto di detrarre l’IVA a monte.

3)      La direttiva IVA, come modificata dalla direttiva 2018/1695,

deve essere interpretata nel senso che essa non osta a che, in caso di fatturazione semplificata ai sensi dell’articolo 238 della direttiva IVA, come modificata, un’amministrazione tributaria o un organo giurisdizionale nazionale possa ricorrere ad una stima per determinare la parte di fatture per le quali un soggetto passivo che ha erroneamente fatturato l’imposta sul valore aggiunto è debitore di tale imposta in applicazione dell’articolo 203 della direttiva IVA, come modificata, a condizione che, ai fini di una tale stima, sia preso in considerazione l’insieme delle circostanze pertinenti e che il soggetto passivo abbia la possibilità, nel rispetto dei principi di neutralità fiscale e di proporzionalità nonché dei diritti della difesa, di rimettere in discussione i risultati ottenuti attraverso tale metodo.

  1.       Corte di Giustizia dell’Unione europea, sentenza del 1° agosto 2025 nella causa C-602/24

L’articolo 146, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA deve essere interpretato nel senso che una cessione di beni inizialmente dichiarata dal fornitore come cessione intracomunitaria che, all’insaputa di quest’ultimo, è stata effettuata al di fuori del territorio dell’Unione europea dall’acquirente, rientra nell’esenzione prevista da tale disposizione, qualora l’esportazione in questione sia stata accertata dalle autorità tributarie sulla base di documenti doganali.

  1.       Corte di Giustizia dell’Unione europea, sentenza del 4 settembre 2025 nella causa C-726/23

1)      L’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), della direttiva IVA, come modificata dalla direttiva 2010/45/UE del Consiglio, del 13 luglio 2010, deve essere interpretato nel senso che la remunerazione di servizi infragruppo, forniti da una società madre alla propria società figlia e contrattualmente precisati, che è calcolata in conformità a un metodo raccomandato dalle linee guida applicabili ai prezzi di trasferimento, adottate dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) e che corrisponde alla parte di margine di utile operativo superiore a 2,74% realizzato dalla suddetta società figlia, costituisce il corrispettivo di una prestazione di servizi effettuata a titolo oneroso rientrante nell’ambito di applicazione dell’imposta sul valore aggiunto.

2)      Gli articoli 168 e 178 della direttiva IVA, come modificata dalla direttiva 2010/45, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a che l’amministrazione finanziaria esiga da un soggetto passivo che sollecita la detrazione dell’imposta sul valore aggiunto assolta a monte la produzione di altri documenti oltre alla fattura al fine di provare l’esistenza dei servizi menzionati su tale fattura e il loro utilizzo ai fini delle operazioni soggette ad imposta di tale soggetto passivo, purché la produzione di tali prove sia necessaria e proporzionata a tale scopo.

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Nel restare a Vs. disposizione per eventuali approfondimenti e/o chiarimenti, porgiamo

Cordiali saluti,

ENBIC – Studio e-IUS Tax & Legal

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