Roma, Li 13 ottobre 2025
Oggetto: Newsletter Studio e-IUS Tax & Legal – ENBIC “Le ultime novità fiscali”
Spett.le Società/Associazione, con la presente siamo lieti di sottoporre alla Vostra attenzione le ultime novità in materia fiscale.
ATTIVITÀ LEGISLATIVA
- Circolare 23 settembre 2025, n. 37
In G.U. Serie Generale n. 228 del 01.10.2025 è stata pubblicata la circolare del Dipartimento per le politiche di coesione e per il sud, della Presidenza del Consiglio dei ministri, recante chiusura dello sportello per la presentazione delle domande di agevolazione a valere sulla misura incentivante “Resto al Sud”.
- Legge 26 settembre 2025, n. 144
In G.U. Serie Generale n. 230 del 03.10.2025 è stata pubblicata legge 26 settembre 2025, n. 144, recante deleghe al Governo in materia di retribuzione dei lavoratori e di contrattazione collettiva nonché di procedure di controllo e informazione.
NOVITÀ IN MATERIA DI TERZO SETTORE
- Contributi pubblici di entità significativa: il parere del Consiglio di Stato
Il Consiglio di Stato ha espresso un parere interlocutorio sul nuovo DPCM attuativo dei contributi pubblici di entità significativa, previsto dalla Legge di Bilancio 2025 (art. 1, commi 857-858).
Il decreto punta a garantire una maggiore trasparenza nell’utilizzo dei fondi pubblici, imponendo vincoli di spesa agli enti che ricevono oltre 1 milione di euro annui o più del 50% delle proprie entrate complessive da risorse pubbliche.
Rispetto alla prima bozza, la nuova versione esclude dal perimetro di applicazione gli Enti del Terzo settore, le Onlus, gli enti religiosi e quelli riconosciuti dalle confessioni religiose, riducendo così la platea dei soggetti coinvolti.
Gli enti destinatari dovranno istituire un organo di controllo indipendente, incaricato di vigilare sull’utilizzo dei fondi e di redigere una relazione annuale al MEF.
I giudici sottolineano inoltre la necessità di una consultazione pubblica con i soggetti interessati e suggeriscono di introdurre una verifica ex post (VIR) per valutare periodicamente l’efficienza del sistema e aggiornare soglie e criteri in base ai risultati.
- Schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di Terzo settore, crisi di impresa, sport e imposta sul valore aggiunto
Dopo il parere favorevole della Commissione IV della Camera, anche la Commissione VI Finanze del Senato promuove – con osservazioni – lo schema di decreto legislativo il Terzo settore (atto governo n. 295), attuativo della legge delega per la riforma fiscale (L. n. 111/2023).
Il parere favorevole espresso dalla 6ª Commissione Finanze e Tesoro ricalca in gran parte le indicazioni già avanzate dalla Commissione Finanze della Camera: sì al nuovo impianto normativo, ma con correttivi urgenti per evitare effetti penalizzanti su IVA, IRAP e trattamento fiscale degli enti non profit a partire dal 1° gennaio 2026.
Il primo tema cruciale riguarda il passaggio, dal 2026, delle attività associative dal regime di esclusione IVA a quello di esenzione, in attuazione del D.L. 146/2021 e della procedura di infrazione n. 2008/2010 avviata dall’Unione Europea contro l’Italia.
Il nuovo assetto comporterà che le prestazioni e le cessioni di beni rese dagli enti associativi ai propri soci o partecipanti siano considerate attività economiche a tutti gli effetti, e quindi soggette a IVA, anche se esenti. Le Commissioni della Camera e del Senato
chiedono al Governo di introdurre un regime di transizione graduale, che consenta di mantenere – almeno per un periodo limitato – l’attuale sistema di esclusione, in modo da evitare aggravi gestionali e amministrativi per gli enti di minori dimensioni.
Altro tema riguarda la determinazione della base imponibile IRAP.
L’applicazione del Titolo X del Codice del Terzo settore, infatti, come evidenziato nei pareri resi potrebbe comportare per alcuni enti il passaggio dal regime commerciale a quello non commerciale, con conseguente applicazione del metodo retributivo basato sul costo del personale.
Viene segnalato che tale meccanismo rischia di penalizzare le realtà più strutturate, in particolare quelle attive nei settori educativo, socio-sanitario e assistenziale, dove il personale rappresenta la principale voce di spesa.
Da qui la richiesta di un coordinamento normativo più flessibile per salvaguardare l’equilibrio economico-finanziario delle organizzazioni.
Entrambi i pareri, quello della Camera e del Senato, sottolineano inoltre la necessità di eliminare l’asimmetria IVA tra cooperative sociali e imprese sociali che operano nei medesimi ambiti socio-sanitari, educativi e assistenziali.
Oggi, infatti, le cooperative applicano l’aliquota IVA agevolata del 5%, mentre le imprese sociali restano soggette all’aliquota ordinaria del 22%.
La Commissione invita quindi il Governo a estendere il beneficio anche alle imprese sociali, in coerenza con il principio di neutralità fiscale e con la logica unitaria della riforma del Terzo settore.
Entrambe le Commissioni chiedono poi di adeguare la terminologia normativa del DPR 633/1972 (artt. 3 e 10), sostituendo i riferimenti alle ONLUS con quelli agli enti del Terzo settore, escluse le imprese sociali costituite in forma di società.
Un intervento tecnico necessario per garantire la coerenza del sistema con la piena entrata in vigore del Titolo X del Codice del Terzo settore e la conseguente abrogazione del regime ONLUS dal 1° gennaio 2026.
- Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali: l’iscrizione al RUNTS è preclusa alle Fondazioni estere senza adeguamento della clausola di devoluzione del patrimonio
Con la Nota n. 12962 del 23 settembre 2025, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha chiarito che una fondazione estera iscritta all’Anagrafe ONLUS può iscriversi al RUNTS a condizione che il suo statuto preveda una clausola di devoluzione del patrimonio conforme all’art. 9 del Codice del Terzo settore.
Il caso esaminato nel documento di prassi riguarda una fondazione di diritto tedesco, iscritta nell’Anagrafe ONLUS con rappresentanza in Italia, il cui statuto prevede – come imposto dalla normativa nazionale – che, in caso di scioglimento o estinzione, il patrimonio sia devoluto a un’altra fondazione tedesca.
Tale previsione, spiega il Ministero, è incompatibile con l’art. 9 del Codice del Terzo settore, che impone invece la devoluzione dei beni residui esclusivamente ad enti iscritti al RUNTS, previo parere dell’autorità competente.
La clausola devolutiva è considerata un elemento essenziale degli statuti ETS, in quanto garantisce che i benefici fiscali e giuridici riconosciuti agli enti restino vincolati al sistema solidaristico e non vengano dispersi.
Pertanto, se la fondazione straniera non adeguerà il proprio statuto alle previsioni del CTS, non potrà ottenere la qualifica di ETS.
In mancanza dei requisiti per l’iscrizione nel RUNTS, il patrimonio dell’ente (nel caso concreto, terreni) dovrà essere devoluto secondo le regole previste dall’art. 10 del D.lgs. 460/1997, ossia ad altre Onlus o enti con finalità di pubblica utilità.
La nota ministeriale, infine, estende il ragionamento affrontando la questione dell’iscrizione delle fondazioni estere alla luce del diritto internazionale privato e dei principi unionali.
Il Ministero chiarisce che la scelta di una legge regolatrice diversa da quella italiana non costituisce un ostacolo in sé, purché l’ente si conformi alle norme speciali del CTS, in applicazione dei principi di parità di trattamento sanciti dall’art. 108 del TFUE.
- Recupero ICI 2006–2011: fissate le scadenze per dichiarazione e versamento
Con il Dpcm attuativo dell’art. 16-bis del DL 131/2024, il Governo ha definito tempi e modalità per il recupero dell’ICI non versata dagli enti non commerciali per gli anni 2006–2011, a seguito della procedura europea sugli aiuti di Stato.
Sono tenuti all’adempimento gli enti non commerciali che, per gli anni d’imposta 2012 o 2013, hanno presentato la dichiarazione IMU/TASI con un’imposta superiore a 50.000 euro, oppure che siano stati destinatari di un accertamento comunale con importi oltre tale soglia.
Il decreto prevede due date fondamentali:
- 30 novembre 2025: termine per l’invio telematico della dichiarazione relativa al recupero ICI;
- 30 dicembre 2025: scadenza per il versamento dell’importo dovuto, comprensivo degli interessi calcolati secondo le regole europee sugli aiuti di Stato.
Per determinare le somme da restituire, gli enti dovranno applicare le regole IMU vigenti nel 2013, come indicato dal decreto.
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze, d’intesa con ANCI, approverà a breve il modello dichiarativo e le relative istruzioni operative. Saranno questi documenti a chiarire nel dettaglio modalità di compilazione, documentazione richiesta e criteri di calcolo.
- Cassazione: l’omessa trasmissione del modello EAS da parte dei sodalizi sportivi non preclude l’accesso alle agevolazioni
La Corte di cassazione (sez. V, Ordinanza 18 luglio 2025, n. 20027) ha stabilito che la mancata presentazione del modello EAS costituisce una violazione formale e non determina automaticamente la decadenza dalle agevolazioni fiscali per i sodalizi sportivi, purché l’ente dimostri concretamente di possedere i requisiti sostanziali che giustificano le agevolazioni.
La pronuncia riafferma il principio della prevalenza della sostanza sulla forma: l’adempimento formale del modello EAS aveva natura dichiarativa, e la sua omessa presentazione non poteva far decadere i benefici se l’ente rispettava le condizioni richieste dalla normativa.
Va ricordato che il modello EAS è ormai abrogato dalla riforma dello sport; resta però aperta la questione dell’eventuale effetto retroattivo di tale abrogazione sulle annualità pregresse.
- Dipartimento per lo Sport: nuovo Avviso per gli Enti Sportivi per la valorizzazione dello Sport, Cultura e Ambiente
Il Dipartimento per lo Sport ha pubblicato un avviso pubblico rivolto agli Enti di Promozione Sportiva (EPS) per la selezione di progetti volti a promuovere l’attività sportiva, valorizzare il patrimonio culturale e tutelare il paesaggio e l’ecosostenibilità.
I progetti dovranno proporre interventi organici e trasversali, finalizzati al benessere dei cittadini e alla coesione sociale. Particolare attenzione è rivolta alle scuole, a partire dall’infanzia, considerate luoghi privilegiati per l’educazione e la crescita personale, ma saranno coinvolti anche enti locali, soggetti pubblici e privati attivi nel sociale.
Possono presentare domanda solo gli EPS riconosciuti dal Comitato Olimpico Nazionale Italiano e/o dal Comitato Italiano Paralimpico. Il finanziamento complessivo disponibile ammonta a 4.587.273 euro.
Le richieste devono essere inviate esclusivamente tramite posta elettronica certificata all’indirizzo progettisport@pec.governo.it entro le ore 12 del 15 ottobre 2025.
NOVITÀ IN MATERIA DI CONTENZIOSO TRIBUTARIO
- Imposta municipale unica (Cass. civ., Sez. V, Ordinanza, 25/09/2025, n. 26172)
In tema di IMU, l’avveramento dell’evento dedotto in condizione risolutiva di una compravendita immobiliare non esonera l’acquirente, titolare di una proprietà risolubile, dall’obbligazione tributaria per le annate maturate successivamente alla retroattiva caducazione degli effetti traslativi, fino a quando l’ente impositore non abbia acquisito conoscenza della sopravvenienza dell’evento condizionato. La semplice annotazione sul registro immobiliare non costituisce presupposto sufficiente per disconoscere tale obbligazione tributaria.
- Imposta sul valore aggiunto (Cass. civ., Sez. V, Ordinanza, 30/09/2025, n. 26374)
Ai fini della detraibilità dell’IVA per operazioni soggettivamente inesistenti, l’amministrazione finanziaria deve provare, anche indiziariamente, la consapevolezza del contribuente che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta, dimostrando che il contribuente disponeva di indizi idonei a far sospettare la natura fraudolenta del fornitore. La regolarità della contabilità e dei pagamenti da sola non esime il contribuente dall’obbligo di dimostrare la diligenza massima esigibile per evitare involontarie partecipazioni a evasioni fiscali.
- Imposta municipale unica (Cass. civ., Sez. V, Sentenza, 03/10/2025, n. 26673)
In materia di IMU, non sussiste un obbligo generale di contraddittorio preventivo per i tributi non armonizzati, in assenza di una specifica previsione normativa. Il diniego di rimborso non può essere dichiarato nullo per carenza di contraddittorio preventivo se non vi è stata una verifica fiscale con accesso presso la sede del contribuente, rispetto alla verbalizzazione delle cui risultanze si ponesse l’esigenza di tutelare l’esercizio del diritto di difesa mediante comunicazione di osservazioni e richieste da rimettersi alla valutazione dell’ente impositore.
- Scissione societaria: responsabilità solidale e illimitata delle società beneficiarie (Cass. civ., Sez. V, Ordinanza, 06/10/2025, n. 26784)
In caso di scissione di società, per i debiti fiscali della società scissa relativi a periodi d’imposta anteriori alla scissione, le società beneficiarie rispondono solidalmente e illimitatamente, senza alcuna soglia quantitativa riferibile al patrimonio assegnato con l’operazione. La cartella di pagamento notificata alle società beneficiarie è valida se riporta gli estremi dell’atto impositivo presupposto, in forza del legame di continuità giuridica fra società scissa e società beneficiarie.
- Incentivi per la valorizzazione edilizia (Cass. civ., Sez. V, Sentenza, 07/10/2025, n. 26928)
Ai fini dell’applicazione del regime agevolato di cui all’art. 7 del D.L. n. 34/2019 (che prevede che prevede imposte di registro, ipotecaria e catastale in misura fissa per i trasferimenti di interi fabbricati a favore di imprese di costruzione o di ristrutturazione immobiliare che, entro dieci anni, eseguano gli interventi edilizi e procedano alla successiva alienazione), il concetto di ” impresa di costruzione o di ristrutturazione immobiliare” deve essere inteso in senso stretto, comprendendo esclusivamente le imprese che hanno come oggetto caratterizzante l’attività edilizia. Questo beneficio non si estende ad altre forme di operatori economici, come le SICAF, il cui oggetto principale è l’investimento collettivo del patrimonio.
NOVITÀ PER LE IMPRESE
REDDITI DI IMPRESA
- Credito da Deferred Tax Assets: esclusa la compensazione dei crediti da trasformazione delle DTA (risposta ad interpello dell’Agenzia delle entrate 2 ottobre 2025, n. 253)
Con la risposta ad interpello 2 ottobre 2025, n. 253, l’Agenzia delle entrate ha affrontato il tema della cessione dei tax credit derivanti dalla trasformazione in crediti d’imposta delle attività per imposte anticipate (c.d. Deferred Tax Assets – DTA) di cui all’art. 44-bis del Decreto legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 giugno 2019, n. 58 e ss.mm.ii.
Sul punto, il citato art. 44 -bis stabilisce che, nel caso in cui una società avesse ceduto, a titolo oneroso, entro il 31 dicembre 2021, crediti pecuniari vantati nei confronti di debitori inadempienti, così identificati dal successivo comma 5, poteva trasformare in credito di imposta le DTA, anche se non iscritte in bilancio, riferite ai seguenti componenti:
(i) perdite fiscali non ancora computate in diminuzione del reddito imponibile ex art. 84 del TUIR;
(ii) importo del rendimento nozionale eccedente il reddito complessivo netto di cui all’art. 1, co. 4, del D.L. 201/2011 (c.d. eccedenze ACE), non ancora dedotto né fruito tramite credito di imposta alla data della cessione.
La ratio della norma risiede nell’esigenza di concedere un sostegno finanziario alle imprese gravate da crediti deteriorati, consentendo loro di utilizzare immediatamente tali attività senza dover attendere i futuri periodi d’imposta nei quali si sarebbero manifestati redditi imponibili idonei al loro assorbimento.
Con riferimento alle modalità di utilizzo dei suddetti crediti, il successivo comma 2 del citato art. 44-bis prevede che questi possono essere:
(i) utilizzati in compensazione ex art. 17 del D.Lgs. n. 241/1997;
(ii) ceduti ex art. 43-bis o 43-ter del d.P.R. 602 del 1973;
(iii) richiesti a rimborso.
Per quanto concerne le cessioni nell’ambito del gruppo, ai sensi del citato art. 43-ter, queste possono essere effettuate tra società o enti appartenenti allo stesso gruppo senza l’osservanza delle formalità previste dagli artt. 69 e 70 del R.D. n. 2440 del 1923, purché l’ente o la società cedente indichi nella propria dichiarazione dei redditi gli estremi dei soggetti cessionari e gli importi ceduti a ciascuno di essi.
Mentre, per quanto riguarda la cessione a terzi, l’Agenzia delle entrate chiarisce che l’unica ulteriore ipotesi di cessione contemplata dall’art. 44-bis è quella del 43-bis del d.P.R. n. 602 del 1973. Si tratta delle cessioni dei crediti chiesti a rimborso nella dichiarazione dei redditi, per le quali è previsto, oltre al rispetto delle medesime formalità di cui all’art. 43-bis, l’espresso divieto di ulteriore cessione. A livello pratico, il cessionario potrà unicamente monetizzare l’importo del credito acquisito, mediante incasso delle somme oggetto di rimborso, restando preclusa ogni forma di compensazione o di ulteriore cessione.
- Rinuncia al credito da parte del socio non residente (norma di comportamento Associazione Italiana Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili 9 ottobre 2025, n. 232)
Con la norma di comportamento del 9 ottobre 2025, n. 232, l’Associazione Italiana Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili (di seguito, anche, «AIDC» o «Associazione») ha affrontato il tema della rinuncia al credito da parte di un socio non residente nei confronti di una società partecipata residente.
In primo luogo, l’AIDC analizza il comma 4-bis dell’art. 88 del TUIR che disciplina il regime fiscale delle rinunce ai crediti effettuate dai soci, riconoscendo la non imponibilità solo per la parte che non eccede il valore fiscale riconosciuto in capo al socio che ha rimesso il debito.
La norma assimila, dunque, la remissione ad un «apporto» di capitale, unicamente per la parte che corrisponde al valore fiscalmente riconosciuto del credito, valore che il socio deve attestare mediante dichiarazione sostitutiva di atto notorio. In mancanza di tale dichiarazione, il valore fiscale del credito è assunto pari a zero e l’intero valore nominale del credito è considerato, ai fini fiscali, una sopravvenienza attiva imponibile in capo alla società beneficiaria della remissione, ciò a prescindere (i) dalle modalità con cui viene formalizzata da parte del creditore la volontà di rimessione, (ii) dalla rappresentazione contabile che i soggetti coinvolti danno alla rinuncia al credito nelle loro scritture contabili e nei bilanci.
La ratio della norma è quella di impedire arbitraggi fiscali che, in passato, risultavano realizzabili in conseguenza dei diversi regimi fiscali applicabili al creditore originario, al socio cessionario e alla partecipata debitrice. In particolare, era possibile per il creditore originario dedurre la perdita, dotata dei requisiti di certezza e precisione, derivante dalla cessione del credito pro-soluto al socio della società debitrice, mentre quest’ultimo, rinunciando successivamente al credito, consentiva alla società debitrice di non registrare, ai fini fiscali, alcuna sopravvenienza attiva imponibile.
Tuttavia, osserva l’AIDC, l’applicazione automatica del comma 4-bis può risultare inappropriata in alcune fattispecie, in quanto contraria al principio di proporzionalità sancito dal diritto unionale e recepito nell’ordinamento tributario interno.
Si pensi al caso di rinuncia da parte di un socio non residente di un credito originariamente sorto in capo a quest’ultimo e sempre rimasto nella sua disponibilità.
In tale ipotesi, le vicende fiscali legate al credito (quali perdite o svalutazioni rilevanti nella giurisdizione estera del socio) risultano del tutto irrilevanti per l’ordinamento italiano, venendo meno la necessità di assoggettare a imposizione la corrispondente sopravvenienza attiva che si determina in capo alla società partecipata beneficiaria della remissione del debito.
Inoltre, l’AIDC sottolinea che il socio non residente potrebbe attestare il valore fiscale del credito solo secondo le regole della propria giurisdizione di residenza, con il rischio di creare effetti distorsivi, nel caso in cui le disposizioni applicabili in altre giurisdizioni siano sensibilmente diverse, causando trattamenti fiscali differenti per fattispecie sostanzialmente uguali.
A ciò si aggiunga che la fattispecie descritta potrebbe – tra l’altro – sostanzialmente sovrapporsi a quella della rinuncia al credito versa la società partecipata da parte di una persona fisica residente che non esercita attività di impresa. Ebbene, in tal caso, come chiarito dalla stessa Agenzia delle entrate, non ponendosi alcuna differenza tra valore fiscale e il valore nominale del credito, non vi sarebbe alcuna necessità per la società di applicare il comma 4-bis dell’art. 88 TUIR, rendendo così superflua anche la dichiarazione del socio remittente (Cfr. Risposta n. 124 del 13/10/2017).
Su tali basi, l’AIC conclude affermando che la rinuncia di un credito sorto originariamente in capo al socio non residente non rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 88, comma 4-bis, del TUIR, risultando altresì superflua l’attestazione del valore fiscale del credito rinunciato.
NOVITÀ IN MATERIA DI IVA
- Agenzia delle entrate, Risposta a interpello n. 261 del 9 ottobre 2025
I rimborsi corrisposti dagli enti locali ai datori di lavoro per le ore di permesso retribuito concesse ai dipendenti che esercitano un mandato elettivo non sono soggetti a IVA. Ai sensi dell’art. 3 DPR 633/1972, il presupposto oggettivo per l’applicazione dell’imposta sussiste solo in presenza di un rapporto di tipo sinallagmatico tra prestazione e corrispettivo.
Il rimborso riconosciuto costituisce una misura compensativa di natura pubblicistica volta a neutralizzare l’onere economico derivante dall’assenza del lavoratore per motivi istituzionali. In mancanza di un nesso diretto tra l’importo ricevuto e una prestazione individualizzabile, l’operazione resta esclusa dal campo di applicazione dell’IVA.
- Agenzia delle entrate, Risoluzione n. 50 del 3 ottobre 2025
Sono pervenute richieste di chiarimenti in merito all’articolo 30-ter del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (di seguito “decreto IVA”). Ciò con particolare riferimento al caso di applicazione di un’IVA non dovuta ad una cessione di beni o ad una prestazione di servizi accertata in via definitiva dagli uffici dell’Agenzia delle entrate. Si pensi, ad esempio, all’ipotesi in cui il rapporto contrattuale instaurato tra le parti venga riqualificato da contratto d’appalto di servizi a contratto di somministrazione di lavoro e, di conseguenza, recuperata l’IVA inizialmente esposta in fattura.
In merito, giova ricordare che l’articolo 30-ter del decreto IVA – introdotto dall’articolo 8 della legge 20 novembre 2017, n. 167 “Legge Europea 2017” – definisce attualmente il sistema di recupero dell’IVA indebitamente versata.
In particolare, il comma 1 consente al soggetto passivo di presentare «domanda di restituzione dell’imposta non dovuta, a pena di decadenza, entro il termine di due anni dalla data del versamento della medesima ovvero, se successivo, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione».
Il successivo comma 2 contempla, invece, il «caso di applicazione di un’imposta non dovuta ad una cessione di beni o ad una prestazione di servizi, accertata in via definitiva dall’Amministrazione finanziaria», prevedendo che, in tale ipotesi, «la domanda di restituzione può essere presentata dal cedente o prestatore entro il termine di due anni dall’avvenuta restituzione al cessionario o committente dell’importo pagato a titolo di rivalsa».
In altri termini, come già più volte chiarito dalla prassi (cfr. per tutte, la risposta ad interpello n. 66, pubblicata l’11 marzo 2024 nell’apposita sezione del sito istituzionale dell’Agenzia delle entrate), la citata disciplina del rimborso dell’IVA, nel rispetto della neutralità dell’imposta, garantisce al cedente/prestatore la possibilità di ottenere il rimborso dell’imposta inizialmente versata all’Erario.
Tale possibilità è espressamente subordinata all’avvenuta restituzione al cessionario/committente dell’imposta indebitamente addebitata in fattura, imposta che lo stesso cessionario/committente deve aver restituito all’Erario a seguito di un accertamento definitivo.
Va comunque sottolineato che le norme richiamate sono da leggersi in combinato disposto con il successivo comma 3 del medesimo articolo 30-ter, a mente del quale «[l]a restituzione dell’imposta è esclusa qualora il versamento sia avvenuto in un contesto di frode fiscale».
Così, per riprendere l’esempio sopra formulato, se, in un contesto di frode, a seguito dell’attività di controllo da parte degli uffici dell’Agenzia delle entrate il rapporto contrattuale tra le parti venga riqualificato e conseguentemente escluso il diritto alla detrazione dell’IVA collegata alle prestazioni afferenti al contratto asseritamente ritenuto di appalto per invalidità del titolo giuridico dal quale scaturiscono, non essendo configurabile una prestazione dell’appaltatore imponibile ai fini IVA, non potrà darsi luogo ad alcuna restituzione dell’imposta.
Le Direzioni regionali vigileranno affinché i principi enunciati e le istruzioni fornite con la presente risoluzione vengano puntualmente osservati dalle Direzioni provinciali e dagli Uffici dipendenti.
- Agenzia delle entrate, Provvedimento del 9 ottobre 2025 (prot. n. 369141/2025)
È stata avviata la campagna di comunicazioni per la promozione dell’adempimento spontaneo rivolta ai titolari di partita IVA per i quali risultano differenze tra i dati dichiarati ai fini IVA per il 2023 e le informazioni trasmesse telematicamente tramite fatture elettroniche e corrispettivi. L’Agenzia mette a disposizione dei contribuenti, nel “Cassetto fiscale” e nell’area “Fatture e Corrispettivi”, gli elementi di dettaglio delle anomalie riscontrate, consentendo di verificarne la correttezza e di fornire eventuali chiarimenti o integrazioni.
I contribuenti possono regolarizzare errori o omissioni mediante il ravvedimento operoso di cui all’art. 13 del d.lgs. 472/1997, beneficiando della riduzione delle sanzioni in base al tempo trascorso dalla violazione. Le comunicazioni sono inviate al domicilio digitale del contribuente e rese disponibili anche alla Guardia di finanza per le attività di controllo.
- Conclusioni dell’Avvocato Generale del 25 settembre 2025 nelle cause riunite da C‑409/24 a C‑411/24
Alla luce di quanto precede, suggerisco alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali proposte dalla Corte tributaria federale, Germania, nei seguenti termini.
L’articolo 98, paragrafi 1 e 2, della direttiva IVA, in combinato disposto con l’allegato III, categoria 12, di tale direttiva, deve essere interpretato nel senso che non osta a una normativa nazionale ai sensi della quale le strutture ricettive sono tenute a tassare prestazioni quali il servizio di prima colazione all’aliquota ordinaria, separatamente rispetto all’alloggio temporaneo, che beneficia di un’aliquota ridotta, anche se si tratta di prestazioni accessorie dipendenti rispetto all’alloggio temporaneo.
- Corte di Giustizia dell’Unione europea, sentenza del 2 ottobre 2025 nella causa C-535/24
L’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), e l’articolo 26, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA devono essere interpretati nel senso che non rientrano nella qualificazione di «prestazione di servizi a titolo oneroso» o non sono assimilabili a tale nozione, ai sensi di tali disposizioni, atti compiuti da un creditore (i.e. la società holding nei confronti della propria fondazione strumentale) ai fini del recupero del suo credito in una situazione in cui tali atti sono stati compiuti in assenza di un incarico o di un mandato da parte del debitore (i.e. la fondazione corporate controllata dalla holding).
- Corte di Giustizia dell’Unione europea, sentenza del 9 ottobre 2025 nella causa C-101/24
L’articolo 28 della direttiva IVA, come modificata dalla direttiva 2008/8/CE del Consiglio, del 12 febbraio 2008, deve essere interpretato nel senso che qualora un soggetto passivo stabilito in uno Stato membro abbia fornito, prima del 1º gennaio 2015, prestazioni di servizi per via elettronica a persone che non sono soggetti passivi residenti nel territorio dell’Unione europea per il tramite di un’«app store» messa a disposizione da un soggetto passivo stabilito in un altro Stato membro, l’applicazione di detto articolo 28 non può essere esclusa per il solo motivo che le conferme d’ordine fornite, da quest’ultimo soggetto passivo, ai clienti finali designano il primo soggetto passivo come prestatore e indicano l’aliquota dell’imposta sul valore aggiunto applicabile nello Stato membro in cui quest’ultimo è stabilito.
La direttiva IVA, come modificata dalla direttiva 2008/8, deve essere interpretata nel senso che qualora si ritenga che un soggetto passivo stabilito in uno Stato membro abbia ricevuto e fornito personalmente una prestazione di servizi ai sensi dell’articolo 28 della direttiva IVA, il luogo della prestazione di servizi fornita – in virtù della fictio iuris – a tale soggetto passivo da un soggetto passivo stabilito in un altro Stato membro deve essere determinato conformemente all’articolo 44 di detta direttiva, come modificata.
L’articolo 203 della direttiva IVA deve essere interpretato nel senso che qualora un soggetto passivo stabilito in uno Stato membro abbia fornito prestazioni di servizi per via elettronica a persone residenti nel territorio dell’Unione europea che non sono soggetti passivi per il tramite di un’«app store» messa a disposizione da un soggetto passivo stabilito in un altro Stato membro, con la conseguenza che si ritiene che quest’ultimo soggetto passivo abbia ricevuto tali prestazioni di servizi e le abbia fornite ai clienti finali, il primo soggetto passivo non può essere considerato debitore dell’IVA nel suo Stato membro di stabilimento in forza di tale articolo 203 per il motivo che, nelle conferme d’ordine trasmesse ai clienti finali, tale primo soggetto passivo è stato designato, con il suo consenso, quale prestatore ed è stata indicata l’aliquota IVA applicabile nel suo Stato membro di stabilimento.
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Nel restare a Vs. disposizione per eventuali approfondimenti e/o chiarimenti, porgiamo
Cordiali saluti,
ENBIC – Studio e-IUS Tax & Legal